Tribunale Tivoli sezione civile sentenza 25 marzo 2012 n 288
Appalto, inadempimento, danno non patrimoniale, convivenza forzosa, prova
Tribunale di Tivoli
Sezione Civile
Sentenza n. 288/2012
Depositata il 28.3.2012
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI TIVOLI
– SEZIONE CIVILE –
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice dott. Alessio Liberati, in funzione di giudice unico,
ha emesso la seguente sentenza
nella causa civile iscritta al n. 1195/2009 del Ruolo Generale
affari contenziosi, trattenuta in decisione all’udienza del
21.3.2012, con rinuncia ai termini di cui all’art, 190 cpc e
vertente
tra R. G., rappresentato e difeso dagli avv.ti L. e M. F. ed
elettivamente domiciliato presso il loro studio in Tivoli, via A.,
come da procura a margine all’atto introduttivo del giudizio;
ATTORE
E P. G.- costruzioni in cemento armato, ristrutturazioni
immobiliari, in persona del legale rapp.te pt P. G.,
CONVENUTO CONTUMACE
OGGETTO: appalto – inadempimento.
CONCLUSIONI: all’udienza del 21.3.2012 la difesa dell’attore
concludeva come da verbale in pari data, da intendersi qui
richiamato e trascritto.
FATTO
Preliminarmente occorre dare atto che essendo pendente il
procedimento alla data del 4.7.2009 si applica al presente
giudizio l’art. 132 cod. proc. civ. introdotto a partire da quella
data con la recentissima riforma del processo civile (L.18.6.2009
n° 69), articolo in virtù del quale nella sentenza non è più
riportato lo svolgimento del processo e devono essere esposte
concisamente le ragioni di fatto e di diritto della decisione, trattandosi di norma di immediata applicazione anche ai
giudizi instaurati in data anteriore.
Giova solo precisare ai fini della decisione che il convenuto –
cui l’atto introduttivo è stato notificato ex art. 140 cpc, presso
la residenza risultante dalla certificazione anagrafica – non si è
costituito né si è presentato per rendere interrogatorio formale,
a seguito di intimazione ritualmente notificata (ex art. 140 cpc)
presso il medesimo indirizzo di residenza.
***
L’attore, dopo aver incaricato la ditta di cui il convenuto è
rappresentante legale di eseguire dei lavori edili presso la
propria abitazione in Guidonia, via M. n. 6, per l’importo di euro
36.653,oo, e dopo aver corrisposto la somma di euro 27.500,00
in diverse soluzioni, ha lamentato la mancata esecuzione
integrale dei lavori, chiedendo a questo Tribunale
l’accertamento dell’inadempimento, la restituzione della
somma pagata in eccesso rispetto ai lavori realmente
effettuati ed il risarcimento del danno aquiliano derivante dal
non poter usufruire della abitazione, quantificato
equitativamente dall’attore in euro 15.000,00.
Effettuato accertamento tecnico preventivo ed acquisiti
documenti, sono stati escussi i testi M. E. e B. A., i quali hanno
confermato le circostanze (assunzione dell’incarico da parte
del P., mancata esecuzione integrale del contratto).
DIRITTO
SULLA RESPONSABILITA’, SUL TIPO E SUL CONCORSO DEI DANNI
Ritiene il giudice che nella fattispecie sia la provata la
responsabilità per inadempimento del convenuto, come
emerge dalle testimonianze, dalla CTU, dalle fotografie
acquisite e dai documenti in atti, e che da tale
comportamento siano derivate sia conseguenze patrimoniali
che non patrimoniali in danno dell’attore.
Quanto alla fonte del danno, sono individuabili nella
fattispecie sia danni di natura contrattuale che danni di natura
aquiliana.
Invero la concorrenza di danni di natura diversa (recte:
derivanti da diversa fonte normativa) può certamente
sussistere anche in caso di lesione derivante da un unico fatto.
Tale principio è stato affermato da giurisprudenza datata e
può considerarsi ormai consolidato Il concorso tra responsabilità extracontrattuale e responsabilità
contrattuale, derivanti da un unico comportamento colposo o
doloso, che importi lesione non soltanto dei diritti specifici
derivanti dal contratto ma anche dei diritti che alla persona
offesa spettano indipendentemente dall’esistenza di un
rapporto contrattuale, è ammissibile (Cass. civ., 17/06/1967, n.
1430).
Di esso la giurisprudenza ha del resto fatto ampia applicazione,
in fattispecie di diversa natura, di cui la più nota è quella del
contratto di trasporto.
SUL DANNO PATRIMONIALE EX ART. 1218 C.C.
Può ritenersi in primo luogo provata l’esistenza del contratto, i
cui importi sono indicati in un foglio contenente la descrizione
dei lavori, parte dei quali sono stati effettivamente posti in
essere, prima della sospensione non motivata degli stessi nel
giugno 2007 da parte della ditta incaricata, oggi convenuta.
Invero, dalla CTU espletata risulta che effettivamente
nell’immobile per cui è controversia sono stati effettuati solo
parte dei lavori pattuiti, per un importo stimato dal CTU in euro
17.740,00.
La valutazione del CTU è congrua, tiene conto del preventivo
allegato, e dei lavori riscontrati come effettuati, i quali
corrispondono a quelli risultanti dalle fotografie prodotte e (a
parte di) quelli indicati nel contratto, sicché ritiene questo
Giudice di non dover disattendere tali stima.
Si tratta, dunque, di inadempimento parziale, la cui
responsabilità è addebitabile al convenuto, che deve essere
quindi condannato a risarcire alla parte attrice la somma già
corrisposta, nei limiti dei lavori pagati e non posti in essere.
Avendo l’attore corrisposto, quale anticipo, la somma di euro
27.500,00, consegue che il P. deve restituire euro 9760,00 al sig.
R., stante l’inadempimento contrattuale.
Giova rammentare che in tema di prova dell’inadempimento
di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione
contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per
l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o
legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza,
limitandosi alla mera allegazione della circostanza
dell’inadempimento della controparte
Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento
dell’obbligazione, ma il suo inesatto o parziale adempimento,
al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione
dell’inesattezza dell’adempimento, gravando sul debitore
l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento, perché
l’eccezione si fonda sull’allegazione dell’inadempimento di
un’obbligazione, al quale il debitore di quest’ultima dovrà
contrapporre la prova del fatto estintivo costituito dall’esatto
adempimento (Cass. civ., Sez. I, 15/07/2011, n. 15659, la quale
cassa con rinvio, App. Palermo, 22/12/2004). Il fatto è dunque
pienamente provato.
SUL DANNO NON PATRIMONIALE EX ART. 2059 C.C.
Oltre a tali danni patrimoniali, che vanno risarciti a titolo di
responsabilità contrattuale, l’attore ha richiesto anche il
risarcimento del danno non patrimoniale a titolo aquiliano
(nelle sue difese qualificate come esistenziale) per il disagio
creato dal non poter fruire dell’abitazione di proprietà.
Ritiene questo Giudice che tale forma di danno – risarcibile ai
sensi dell’art. 2059 c.c. – sia anch’essa riconoscibile e
liquidabile, pur dopo le c.d. sentenze gemelle del 2008 (Sezioni
Unite nn. 26972/3/4/5 del 2008), che parte della giurisprudenza
ha interpretato come ostative al riconoscimento del c.d.
danno esistenziale (Trib. Treviso, Sez. I, 11/07/2011 e Cons. Stato,
Sez. V, 22/06/2011, n. 3776).
Ritiene in particolare questo Tribunale che le predette decisioni
abbiano solamente modificato l’impianto dogmatico preso
precedentemente come riferimento – riconducendo ad unità il
danno non patrimoniale – ma non abbiano in realtà affatto
influito sugli aspetti pratici e sulla entità del risarcimento.
Invero la Corte, in tali decisioni, parte dal dato normativi
positivo
<<2.4. L’art. 2059 c.c. è norma di rinvio. Il rinvio è alle leggi che
determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimoniale.
L’ambito della risarcibilità del danno non patrimoniale si ricava
dall’individuazione delle norme che prevedono siffatta tutela.
2.5. Si tratta, in primo luogo, dell’art. 185 c.p., che prevede la
risarcibilità del danno patrimoniale conseguente a reato (“Ogni
reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non
patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone
che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto
di lui”).
2.6. Altri casi di risarcimento anche dei danni non patrimoniali
sono previsti da leggi ordinarie in relazione alla compromissione di valori personali (art. 2 1. n. 117/1998: danni
derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati
dall’esercizio di funzioni giudiziarie; art 29, comma 9, 1. n.
675/1996: impiego di modalità illecite nella raccolta di dati
personali; art. 44, comma 7, d.lgs. n. 286/1998: adozione di atti
discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi; art. 2 1. n.
89/2001: mancato rispetto del termine ragionevole di durata
del processo).
2.7. Al di fuori dei casi determinati dalla legge, in virtù del
principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti
costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non
patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della
persona riconosciuti dalla Costituzione>> (Cass., Sez. Un.,
11.11.2008, n.26972, www.personaedanno.it),
per poi specificare cosa rientri o meno nel danno non
patrimoniale
<<Per effetto di tale estensione, va ricondotto nell’ambito
dell’art. 2059 c.c., il danno da lesione del diritto inviolabile alla
salute (art. 32 Cost.) denominato danno biologico, del quale è
data, dagli artt. 138 e 139 d.lgs. n. 209/2005, specifica
definizione normativa (sent. n. 15022/2005; n. 23918/2006). In
precedenza, come è noto, la tutela del danno biologico era
invece apprestata grazie al collegamento tra l’art. 2043 c.c.. e
l’art. 32 Cost. (come ritenuto da Corte cost. n. 184/1986), per
sottrarla al limite posto dall’art. 2059 c.c., norma nella quale
avrebbe ben potuto sin dall’origine trovare collocazione
(come ritenuto dalla successiva sentenza della Corte n.
372/1994 per il danno biologico fisico o psichico sofferto dal
congiunto della vittima primaria).
Trova adeguata collocazione nella norma anche la tutela
riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili
della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.) (sent. n. 8827 e n.
8828/2003, concernenti la fattispecie del danno da perdita o
compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di
procurata grave invalidità del congiunto).
Eguale sorte spetta al danno conseguente alla violazione del
diritto alla reputazione, all’immagine, al nome, alla riservatezza,
diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità,
preservata dagli artt. 2 e 3 Cost. (sent. n. 25157/2008)>> (Cass.,
Sez. Un., 11.11.2008, n.26972, www.personaedanno.it), ancorando la risarcibilità alla previsione normativa od alla
selezione operata dal giudice
<<2.9. La risarcibilità del danno non patrimoniale postula, sul
piano dell’ingiustizia del danno, la selezione degli interessi dalla
cui lesione consegue il danno. Selezione che avviene a livello
normativo, negli specifici casi determinati dalla legge, o in via
di interpretazione da parte del giudice, chiamato ad
individuare la sussistenza, alla stregua della Costituzione, di uno
specifico diritto inviolabile della persona necessariamente
presidiato dalla minima tutela risarcitoria>> (Cass., Sez. Un.,
11.11.2008, n.26972, www.personaedanno.it).
La novità della decisione è dunque nel concepire il danno
morale, biologico ed esistenziale non come categorie
autonome, ma come sottocategorie integranti mere voci di
danno o, se si vuole, come mere componenti del danno non
patrimoniale unitariamente considerato e, in realtà, la
decisione prospetta l’illecito ex art. 2059 c.c. in termini ancor
più “aperti”, affermando che i danni non patrimoniali non
costituiscono un numero chiuso
<<2.14. Il catalogo dei casi in tal modo determinati non
costituisce numero chiuso.
La tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona
espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente
momento storico, ma, in virtù dell’apertura dell’art. 2 Cost. ad
un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all’interprete
rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano
idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale
siano, non genericamente rilevanti per l’ordinamento, ma di
rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della
persona umana>> (Cass., Sez. Un., 11.11.2008, n.26972,
www.personaedanno.it),
specificando che per la configurabilità è richiesta l’ingiustizia
del danno ed un interesse giuridicamente protetto (ai sensi
dell’ordinamento nazionale, di convenzioni internazionali o
della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti
dell’Uomo)
<<La tutela risarcitoria sarà riconosciuta se il pregiudizio sia
conseguenza della lesione almeno di un interesse
giuridicamente protetto, desunto dall’ordinamento positivo, ivi
comprese le convenzioni internazionali (come la già citata
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo,
ratificata con la legge n. 88 del 1955), e cioè purché sussista il requisito dell’ingiustizia generica secondo l’art. 2043 c.c. E la
previsione della tutela penale costituisce sicuro indice della
rilevanza dell’interesse leso>> (Cass., Sez. Un., 11.11.2008,
n.26972, www.personaedanno.it).
In altre parole la Corte Suprema afferma che il danno non
patrimoniale è categoria generale non suscettibile di
suddivisione in sottocategorie, e che, in particolare, non può
farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata
“danno esistenziale”, perché attraverso questa si finisce per
portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità
<<3.13. In conclusione, deve ribadirsi che il danno non
patrimoniale è categoria generale non suscettiva di
suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In
particolare, non può farsi riferimento ad una generica
sottocategoria denominata “danno esistenziale”, perché
attraverso questa si finisce per portare anche il danno non
patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione
della apparente tipica figura categoriale del danno
esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non
necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di
tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal
legislatore ordinario né è necessitata dall’interpretazione
costituzionale dell’art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla
tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da
diritti inviolabili secondo Costituzione (principi enunciati dalle
sentenze n. 15022/2005, n. 11761/2006, n. 23918/2006, che
queste Sezioni unite fanno propri)>> (Cass., Sez. Un., 11.11.2008,
n.26972, www.personaedanno.it),
ma precisa anche che si dovrà invece fare riferimento alle
(molte) singole tipologie di danno in relazione alle quali si
registri una compromissione dei valori personali.
A questo punto ci si deve domandare cosa resti delle
tradizionali categorie del danno biologico, del danno morale e
del danno esistenziale.
La Cassazione a SS.UU. ha difatti precisato che esse sono
categorie meramente descrittive
<<2.13. In tali ipotesi non emergono, nell’ambito della
categoria generale “danno non patrimoniale”, distinte
sottocategorie, ma si concretizzano soltanto specifici casi
determinati dalla legge, al massimo livello costituito dalla
Costituzione, di riparazione del danno non patrimoniale>>
(Cass., Sez. Un., 11.11.2008, n.26972, www.personaedanno.it)
e
<<E’ solo a fini descrittivi che, in dette ipotesi, come avviene,
ad esempio, nel caso di lesione del diritto alla salute (art. 32
Cost.), si impiega un nome, parlando di danno biologico. Ci si
riferisce in tal modo ad una figura che ha avuto espresso
riconoscimento normativo negli artt. 138 e 139 d.lgs. n.
209/2005, recante il Codice delle assicurazioni private, che
individuano il danno biologico nella “lesione temporanea o
permanente all’integrità psicofisica della persona suscettibile di
accertamento medico-legale che esplica un’incidenza
negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-
relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da
eventuali ripercussioni sulla sua capacità di reddito”, e ne
danno una definizione suscettiva di generale applicazione, in
quanto recepisce i risultati ormai definitivamente acquisiti di
una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale>> (Cass.,
Sez. Un., 11.11.2008, n.26972, www.personaedanno.it).
Nel danno biologico, perciò, la Cassazione fa rientrare anche il
danno alla vita di relazione, con ciò estendendo la voce
dinamica del danno biologico.
Ovvia conseguenza di tale estensione è che questa parte del
danno biologico non potrà essere quantificata per tabella e
provata per CTU, non attenendo ad aspetto stratamente
medico, ma si dovrà invece provare con prove testimoniali,
documentali, ecc. ciò testimonia la diversa natura del danno,
o comunque una sua diversità, a prescindere da come lo si
voglia definire e considerare (ad esempio semplice
componente del danno non patrimoniale).
Anche il risarcimento dovrà perciò essere valutato con
riferimento al caso specifico, con una soggettivizzazione della
posta risarcitoria, implicante la “correzione” della tabella o
l’applicazione di criteri extratabellari.
A prescindere dalla qualificazione dogmatica, dunque, ad
avviso di questo Giudice anche le Sezioni Unite del 2008 hanno
riconosciuto distinte “componenti” del danno non
patrimoniale (unitariamente inteso), con le relative
conseguenze in termini di disciplina, prova e quantificazione.
Con riferimento al danno morale, ad esempio
<<Va conseguentemente affermato che, nell’ambito della
categoria generale del danno non patrimoniale, la formula
“danno morale” non individua una autonoma sottocategoria di
danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza
soggettiva cagionata dal reato in sé considerata. Sofferenza la
cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini
della esistenza del danno, ma solo della quantificazione del
risarcimento>> (Cass., Sez. Un., 11.11.2008, n. 26972,
www.personaedanno.it).
Tale danno morale si prova perciò autonomamente dal danno
biologico, e con ragionamenti presuntivi.
Analoghe considerazioni valgono ad avviso di questo Giudice
anche per il danno c.d. esistenziale o alle attività realizzatrici,
inteso come componente del danno non patrimoniale
risarcibile ex art. 2059 c.c.
Del resto in senso favorevole alla liquidazione del danno
sembra andare anche parte della giurisprudenza successiva
alle sentenze delle Sezioni Unite che, è bene rammentare, non
hanno nell’ordinamento italiano una efficacia vincolante per
le successive pronunce:
Vanno ristorati anche i c.d. aspetti relazionali propri del danno
da perdita del rapporto parentale inteso come c.d. danno
esistenziale, sicché è necessario verificare se i parametri recati
dalle tabelle tengano conto (anche)
dell’alterazione/cambiamento della personalità del soggetto
che si estrinsechi in uno sconvolgimento dell’esistenza, e cioè in
(radicali) cambiamenti di vita, dovendo in caso contrario
procedersi alla c.d. spersonalizzazione, riconsiderando i
parametri recati dalle tabelle in ragione (anche) di siffatto
profilo, al fine di debitamente garantire l’integralità del ristoro
spettante al danneggiato. (Cass. civ., Sez. III, 30/06/2011, n.
14402, in Banche dati Platinum).
SULLA NECESSITA’ DELLA PROVA NEL CASO DI SPECIE
Ciò chiarito, ritiene il Giudice che sussista ancora oggi una
componente del danno non patrimoniale non riconducibile al
danno biologico in senso stretto, come dimostra la impossibilità
di ricorrere a tabelle ai fini della quantificazione, e che deve
essere risarcita autonomamente.
Tale danno si differenzia anche sotto il profilo probatorio,
richiedendo la necessaria prova dello stesso (a differenza del
danno morale, la cui sofferenza oggetto di risarcimento è
implicita nella lesione).
A tal proposito, tuttavia, deve rilevarsi che vi sono fatti che
devono essere dimostrati con prove da acquisire in giudizio, e fatti che possono essere provati in base a fatto notorio o
presunzione, non dissimilmente dalle normali dinamiche
probatorie di ogni danno domandate in sede giudiziaria.
Nel caso di specie l’attore lamenta i danni derivanti dal non
aver potuto fruire dell’immobile di proprietà – a causa dei
lavori non terminati – e dall’aver dovuto vivere presso i parenti.
Tale assunto, se da un lato esclude il danno patrimoniale (che
sarebbe stato sussistente in caso di locazione di immobile da
soggetto terzo o in caso di ricovero in strutture alberghiere),
dall’altro rappresenta una situazione che è in re ipsa, essendo
una logica ed inevitabile conseguenza della mancata
consegna in tempo utile dell’immobile ultimato.
Ritiene quindi il giudice che il disagio derivante dall’aver
dovuto vivere in luogo diverso dalla propria abitazione sia
provato in base al meccanismo della presunzione, essendo
evidente e conseguenziale che la mancata disponibilità
dell’alloggio obblighi ad una diversa soluzione abitativa.
SULLA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO
Tale danno deve essere risarcito in base al principio di equità
contemperata o ragionata già adottato in passato da parte
della giurisprudenza (per tutte Trib. Roma, 8 lug 2005 – 16506,
Tribunale Pistoia, Tribunale Palmi, 21.5.2005, in Giur. It.2005, 48
ss., e Resp. Civ. e prev. n.1/5, 209 ss. T.A.R. Lombardia –
Sentenza 27/7/2005, n. 3438), in base a parametri quali l’entità
della compromissione della vita relazionale e delle attività
realizzatrici svolte presso la abitazione (notoriamente limitate
dalla convivenza forzata), oltre che dal tempo necessario per
rendere abitabile la casa dopo la sospensione dell’esecuzione
dei lavori.
Si ritiene quindi equo quantificarlo in euro 5.000,00, tenendo
conto dei predetti criteri.
***
In conclusione
il ricorso va accolto, e,
1. dichiarata la sussistenza dell’inadempimento contrattuale e
dell’illecito aquiliano,
2. il convenuto va condannato alle somme indicate in
precedenza.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella
forma indicata in dispositivo.
Per questi motivi
Il Tribunale di Tivoli, in persona del giudice unico Alessio Liberati,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, ogni altra
istanza respinta, così provvede:
– Accoglie il ricorso
– Condanna P. G.– costruzioni in cemento armato –
ristrutturazioni immobiliare al risarcimento del danno
patrimoniale contrattuale, per inadempimento parziale, pari
ad euro 9.760,00 in favore di R. G.;
– Condanna P. G.– costruzioni in cemento armato –
ristrutturazioni immobiliare al risarcimento del danno non
patrimoniale ex art. 2059 c.c. pari ad euro 5.000,00 in favore di
R. G.;
– Condanna P. G.– costruzioni in cemento armato –
ristrutturazioni immobiliare alla rifusione delle spese di questa
fase di giudizio in favore di parte attrice determinate in E
500,00 per rimborso spese, E 2.000,00 per diritti ed E 3.000,00 per
onorario, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 12,50%.
Tivoli, 25 marzo 2012
Il Giudice
Alessio Liberati