N. 00920/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01145/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1145 del 2013, proposto da:
Italvest S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Federico Giaimo, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, corso Siccardi, 11 Bis;
contro
Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall’avv. Eugenia Salsotto, con domicilio eletto presso la medesima in Torino, piazza Castello, 165;
Provincia di Novara, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Longhin, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, via Vittorio Amedeo II, 19;
Comune di Trecate, A.S.L. Novara, A.R.P.A. Piemonte – Dipartimento di Novara;
per l’annullamento
della Determinazione n. 1902 in data 9.7.2013, comunicata a mezzo pec il 15.7.2013 e pubblicata sull’Albo Pretorio il 16.7.2013, mediante la quale è stato espresso giudizio negativo in ordine alla compatibilità ambientale del progetto per la realizzazione di un impianto di recupero di rifiuti presentato dalla ricorrente;
di ogni atto presupposto, consequenziale e connesso, ed in particolare dei verbali delle sedute della Conferenza di Servizi indetta dalla Provincia di Novara per la valutazione del progetto;
per il risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Piemonte e di Provincia di Novara;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2014 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società Italvest s.r.l., titolare di un’autorizzazione alla coltivazione di una cava di inerti sita nel comune di Trecate (NO), sottoponeva alla Provincia di Novara, in data 24 maggio 2011, un progetto per la realizzazione di un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi, sito all’interno dell’area di cava e volto alla produzione di materiali da riutilizzo. In relazione a detto progetto, l’interessata chiedeva alla Provincia di Novara la valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell’art. 23 d.lgs. 152/2006 e art. 12 comma 1 L.R. n. 40/1998 e, contestualmente, il rilascio dell’autorizzazione ex art. 208 d.lgs. 152/2006.
2. Sin dall’inizio dei lavori, la conferenza di servizi indetta dalla Provincia, cui prendevano parte anche la Regione Piemonte e il Comune di Trecate, dopo l’acquisizione di integrazioni progettuali (disposta all’esito della prima seduta del 20 luglio 2011), si orientava in senso non favorevole all’assenso del progetto, avendo rilevato la sua non conformità sia rispetto al PRGC comunale (il quale prevede nell’area solo attività estrattiva, in esecuzione di analogo vincolo contenuto nel Piano Territoriale Regionale – PRT – Ovest Ticino), sia rispetto ai rimanenti piani sovraordinati (PTP, PAEP, PPR); ed avendo escluso l’applicabilità al caso di specie dell’art. 208 d.lgs. 152/2006, posto che “la variante automatica ivi prevista .. è relativa solo alla modifica del PRG e non può costituire variante ad un piano sovraordinato” (cfr. verbale della seconda seduta del 3 febbraio 2012).
3. Nel mentre intervenivano due pronunce di questa sezione (n. 876 e 877 /2012) su vicende inerenti problematiche giuridiche del tutto simili a quelle qui in esame. La ricorrente avanzava quindi formale richiesta di ripresa dei lavori istruttori, portando all’attenzione degli enti coinvolti in sede consultiva i due sopravvenuti pronunciamenti del Tribunale.
4. In data 29 aprile 2013 si svolgeva, quindi, la terza e ultima seduta della conferenza dei servizi, all’esito della quale la Provincia riteneva di dover ribadire le posizioni in precedenza assunte nel senso della reiezione dell’istanza, argomentate sulla base delle obiezioni poc’anzi richiamate e confluite nella determina qui impugnata n. 1902 del 9 luglio 2013.
5. In particolare, osservava la Provincia nella motivazione del provvedimento di diniego, che, nell’ordine: a) l’intervento in progetto non è compatibile né con il PTR Ovest Ticino, né con il PAEP (piano delle attività estrattive della Provincia di Novara). In particolare, nel PAEP l’area interessata dal progetto è individuata all’interno del polo estrattivo di Trecate, pertanto, qualsiasi destinazione urbanistica diversa da quella estrattiva non sarebbe compatibile con tali strumenti di pianificazione; b) data la prevalenza normativa, in linea gerarchica, del PAEP sul PRGC, se anche l’autorizzazione unica di cui all’art. 208 D.Lgs. 152/2006 può determinare un’automatica “variante dello strumento urbanistico”, tale effetto è riferibile solo allo strumento urbanistico “comunale” e non a quello “sovraordinato” (con l’ulteriore conseguenza, non esplicitata nella determina, che per modificare la norma pianificatoria di rango sovraordinato sarebbe necessario attivare il procedimento preventivo di valutazione ambientale strategica – VAS).
6. Con ricorso ritualmente proposto, la società Italvest s.r.l. ha impugnato il predetto diniego dinanzi a questo TAR e ne ha chiesto l’annullamento sulla base di due motivi, con i quali ha dedotto e lamentato:
I) che non sussisterebbe alcuno specifico contrasto tra le disposizioni del P.R.G.C. e il progetto di impianto per il recupero di rifiuti.
Infatti, l’area sulla quale insiste il polo estrattivo è classificata tra le “aree per la coltivazione di cave” destinate, a mente dell’art. 3.9.1 delle NTA all’”attività estrattiva di inerti industrialmente utilizzabili”. A fronte della genericità della definizione non potrebbe che accogliersene un’interpretazione che attribuisca alla zonizzazione urbanistica a cava una portata tale da includervi le attività connesse e compatibili. Pertanto, l’attività estrattiva e di recupero di rifiuti dovrebbero ritenersi tra di loro connesse e compatibili, in quanto inserite in un unico circuito produttivo, espletatibili mediante logistica e attrezzatura in parte comuni e destinate a svolgersi in un lasso di durata temporale limitato e necessariamente collimante;
II) che la rilevata contrarietà delle prescrizioni del PTR Ovest Ticino e del PAEP non costituirebbe, comunque, una ragione ostativa al rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 208, dal momento che l’autorizzazione unica di cui all’art. 208 costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico senza necessità di VAS, e non v’è motivo di limitare tale effetto allo strumento urbanistico comunale, perché di tale limitazione non vi è traccia né nella lettera della legge e nemmeno nella sua ratio di semplificazione procedimentale.
7. Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Novara e la Regione Piemonte, depositando documentazione e resistendo al gravame con articolate memorie difensive.
8. In via preliminare la Provincia ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse e tardività, non avendo la ricorrente giammai impugnato il presupposto PAEP, nonostante l’immediata lesività dei suoi contenuti e la loro diretta incidenza sulla materia del contendere.
9. Non si è costituito, invece, il Comune di Trecate, benché ritualmente intimato.
10. In prossimità dell’udienza di merito, la difesa di parte ricorrente ha replicato alle deduzioni avversarie depositando ulteriori memorie.
11. All’udienza pubblica in data maggio 2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, nei limiti qui di seguito precisati.
Occorre prendere le mosse dal secondo motivo di censura, in quanto logicamente preordinato e assorbente rispetto al primo motivo di ricorso. Con esso, come esposto, la ricorrente sostiene che l’esistenza di previsioni urbanistiche (comunali e sovraordinate) formalmente ostative alla realizzazione dell’impianto, non costituirebbe ragione dirimente ai fini del diniego dell’autorizzazione richiesta, dal momento che, secondo la normativa di settore, l’autorizzazione unica di cui all’art. 208 costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico, senza necessità di VAS, e non vi sarebbe motivo di limitare tale effetto allo strumento urbanistico comunale, perché di tale limitazione non vi è traccia né nella lettera né nella ratio della legge.
2. Il Collegio ritiene di dover ribadire le considerazioni già espresse sul punto con le sentenze n. 876-877/2012, non ravvisandosi, per il resto, apprezzabili divergenze in fatto tra la vicenda qui in oggetto e quelle delibate nei precedenti arresti.
2.1 Il quadro normativo di riferimento è integrato dagli artt. 208, comma 6, e 6, comma 12, del D. Lgs. 03.04.2006 n. 152.
2.2 Il primo dispone che l’autorizzazione unica di cui all’art. 208 del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 per la realizzazione di nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti “sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali e costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”.
La disposizione va intesa nel senso che la localizzazione dell’impianto può essere autorizzata anche su un’area incompatibile secondo le previsioni dello “strumento urbanistico”, il quale, in tal caso, resta automaticamente variato in senso conforme alla destinazione dell’impianto autorizzato senza necessità di attivare previamente la complessa procedura di variazione dello strumento urbanistico prevista dalla normativa di settore.
2.3 A sua volta l’art. 6 comma 12 dello stesso D. Lgs. 152/2006 (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D. Lgs. 29 giugno 2010 n. 128, art. 2 comma 3 lettera h), dispone che “per le modifiche dei piani e dei programmi elaborati per la pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di autorizzazione di opere singole che hanno per legge l’effetto di variante ai suddetti pieni e programmi, ferma restando l’applicazione della disciplina in materia di VIA, la valutazione ambientale strategica non è necessaria per la localizzazione delle singole opere”.
Ciò significa che l’autorizzazione unica ex art. 208 produce l’effetto di variante automatica dello strumento urbanistico senza la necessità di preventiva valutazione ambientale strategica (VAS), ferma la sola disciplina in materia di VIA.
3. In sintesi, come già rilevato nei precedenti della sezione e come pacificamente condiviso dalle parti in contesa, dal combinato disposto delle due norme appena citate si evince che l’autorizzazione unica ex art. 208 D. Lgs. 152/2006 costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico senza necessità di valutazione ambientale strategica (VAS), ferma la sola disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA).
4. Risulta controversa, invece, l’ulteriore questione di quale strumento urbanistico resti automaticamente variato dal rilascio dell’autorizzazione unica, se soltanto quello “comunale” (PRGC), ovvero anche, eventualmente, quelli “sovracomunali” (PTP, PTR; Piano Paesistico, ecc.).
Sul punto la sezione, con i già richiamati precedenti, ha optato per la soluzione di più ampia latitudine.
Diversamente, la Regione Piemonte insiste nel sostenere la prima delle due tesi, già fatta propria nelle precedenti vertenze e ribadita in seno alla conferenza di servizi oggetto del presente giudizio, e ciò sulla base: a) di un’interpretazione letterale e storico – sistematica dell’art. 208 citato (operata mediante richiamo, tra gli altri, all’art. 5 comma 7 e 8 bis L.R. 56/1977; all’art. 6 comma 2, lett. a) e comma 12 D.lgs. 152/2006 e alla L.R. n. 3/2013), che condurrebbe ad associare la nozione di “strumento urbanistico” al solo PRGC; b) di un connesso distinguo sostanziale tra i livelli di pianificazione implicati nella vicenda procedimentale e riferibili, rispettivamente, alla Provincia (PAEP) e al Comune (PRGC); c) di un uso asseritamente invalso nel corrente linguaggio tecnico-settoriale, per cui con la locuzione “strumento urbanistico” si intenderebbe pacificamente il piano di competenza comunale, mentre con quella di “strumento di pianificazione territoriale” o “piano territoriale” si farebbe riferimento agli strumenti cd. di area vasta, ovvero relativi ad ambiti di intervento di dimensioni sovra comunali.
5. La tesi, fatta propria dalla conferenza di servizi e posta a fondamento del diniego impugnato non convince, per le medesime decisive ragioni già prospettate nelle sentenze 876 e 877/2012.
5.1 Innanzitutto, il dato letterale (“strumento urbanistico”) non offre un appiglio ermeneutico chiaro e univoco dal quale poter desumere con ragionevole certezza che il riferimento vada inteso in modo esclusivo allo strumento urbanistico comunale (anche perché in tal caso non si spiegherebbe per quale motivo il legislatore non l’abbia specificato).
In ogni caso, il valore attribuibile al dato testuale si appalesa del tutto recessivo rispetto al rilievo preminente attribuibile alla logica e alla funzione della disposizione in commento.
5.2 L’ambivalenza e la genericità dell’elemento letterale consigliano, quindi, di ancorare l’esito della decisione alla ratio delle disposizioni citate, indagando l’intenzione del legislatore ad esse sottesa, attraverso un’interpretazione logica e sistematica del dato normativo.
5.3 Su questo fronte appare risolutiva la logica di massima semplificazione procedimentale alla quale paiono ispirate le norme in commento, a loro volta improntate al prioritario rilievo attribuito, in sede comunitaria prima e in sede nazionale poi, all’interesse pubblico alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti; interesse che deve certamente essere valutato e ponderato assieme ad altri interessi pubblici (e a tal fine è prevista la conferenza di servizi), ma che, una volta ritenuto in quella sede, a maggioranza dei partecipanti, compatibile o comunque prevalente rispetto ad eventuali ragioni ostative, non può essere ritardato nel suo soddisfacimento dai tempi e dalle procedure ordinariamente occorrenti per la variazione degli strumenti urbanistici.
5.4 La conferenza dei servizi, quale luogo nel quale convergono tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti nel procedimento amministrativo e nel quale ha sede la complessiva valutazione del progetto presentato, costituisce modalità appropriata alla preservazione di tutti le posizioni implicate, ivi incluse quelle dei diversi livelli di pianificazione territoriale incisi dall’opera in progetto.
Nella conferenza dei servizi si assiste, infatti, alla concentrazione di tutte le competenze amministrative di verifica e di controllo di compatibilità del progetto con le varie prescrizioni urbanistiche e di pianificazione settoriale; lì si procede all’accertamento dell’osservanza di ogni possibile vincolo afferente alla realizzazione dell’impianto in armonia con il territorio di riferimento, così come desumibile dalla richiamata disposizione dell’art. 208 comma 6, d.lg. n. 152 del 2006, che assegna al provvedimento regionale conclusivo del procedimento una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti ordinariamente di competenza di altre autorità territoriali, ivi compresa un’eventuale variante urbanistica.
5.5 Appare chiaro, quindi, che una volta che nell’ambito della conferenza di servizi siano state coinvolte anche le amministrazioni competenti ad approvare eventuali modificazioni dei piani urbanistici e una volta che le stesse non abbiano opposto un motivato dissenso sul merito del progetto esaminato, sarebbe del tutto irragionevole limitare l’effetto di variante automatica dello “strumento urbanistico” al solo piano regolatore comunale, imponendo invece l’attivazione della procedura ordinaria, lunga e complessa, per la variazione della pianificazione sovraordinata, perché in tal caso la celerità della procedura risulterebbe del tutto vanificata, contro l’intenzione del legislatore.
5.6 Nel caso di specie, va osservato che alla conferenza di servizi indetta dalla Provincia di Novara hanno partecipato sia il Comune di Trecate sia la Regione Piemonte, ossia entrambe le amministrazioni competenti ad approvare eventuali varianti dei piani urbanistici di rispettiva competenza.
Nessuna delle due amministrazioni ha formulato rilievi ostativi sul merito del progetto, ma solo contestazioni argomentate sul contrasto con norme di piano di diverso livello.
Meglio, dopo l’introduzione di rilievi puntuali sugli specifici contenuti tecnici del progetto (di cui vi è traccia nel verbale del 20 luglio 2011) e la richiesta di integrazioni e chiarimenti, l’attenzione delle amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi si è progressivamente concentrata in via esclusiva sul rilievo formale relativo all’incompatibilità del progetto con le previsioni del PRGC e dei piani sovraordinati e alla non idoneità dell’autorizzazione ex art. 208 a variare automaticamente, oltre al PRGC, anche il PTR e il PAEP sovraordinati.
Da ultimo, la determina conclusiva del 9 luglio 2013, oggetto di impugnazione, ha fondato tutte le ragioni a giustificazione della reiezione dell’istanza sul solo dato normativo riferito all’art. 208, non dando in alcun modo conto di giudizi di merito sulla validità del progetto.
6. Alla luce di quanto sopra esposto, ritiene il collegio che la predetta ragione ostativa, non accompagnata da valutazioni di merito relative alla incompatibilità sostanziale del progetto con gli specifici interessi pubblici presidiati nell’area interessata dalla pianificazione territoriale sovraordinata, non sia fondata in base ad una lettura logica e ragionevole della normativa di settore.
Alla stregua di tali considerazioni, ritiene il collegio che il provvedimento impugnato sia illegittimo perché ha ritenuto ex se ostativa al rilascio dell’autorizzazione ex art. 208 la circostanza che la l’impianto di recupero rifiuti sia incompatibile con le previsioni del PTR e del PAEP senza considerare che anche questi piani risulterebbero automaticamente variati, unitamente al PRGC, in conseguenza dell’autorizzazione unica.
7. In conclusione, il provvedimento impugnato deve essere annullato ai fini della riattivazione del procedimento amministrativo, nel rispetto dei termini procedimentali di cui all’art. 208 D. Lgs. 152/2006.
8. L’ulteriore censura dedotta con il primo motivo resta assorbita dalle considerazioni che precedono.
9. Analogamente, è superata l’eccezione preliminare di inammissibilità e tardività del ricorso, non potendosi ascrivere all’atto pianificatorio sovraordinato (PAEP), per quanto esposto in ordine all’effetto di variante di cui all’art. 208, quella portata immediatamente lesiva che ne avrebbe necessariamente imposto la tempestiva impugnativa.
10. I margini di controvertibilità delle questioni esaminate, sulle quali non sono ancora intervenuti orientamenti giurispeudenziali definitivi, non consente di valutare la condotta delle amministrazioni intimate come affetta dall’elemento soggettivo della colpa, e quindi come rilevante ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2043 c.c., non potendosi risolvere il profilo della colpa nell’accertamento dell’illegittimità del provvedimento amministrativo assunto come lesivo. È acquisizione della giurisprudenza ormai consolidata, infatti, che la riscontrata illegittimità dell’atto sia da intendersi come mero indice della colpa, tanto più grave, preciso e concordante quanto più intensa, inspiegabile e non spiegata sia l’illegittimità in cui l’apparato è incorso. Detta valenza indiziaria si ridimensiona sino ad annullarsi allorché, come nel caso di specie, emerga la prova di una condotta amministrativa calata in un contesto operativo reso non agevole dalla novità della materia trattata, dalla scarsa chiarezza della normativa applicabile, dalle interpretazioni normative correnti, dalla complessità dei fatti esaminati.
Va quindi respinta la domanda risarcitoria avanzata in ricorso e meglio dettagliata nelle successive memorie di parte ricorrente.
11. Le spese di lite possono essere interamente compensate tra le parti, ricorrendone giusti motivi per la novità e la complessità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo accoglie e per l’effetto annulla la determinazione impugnata, nei sensi e per gli effetti indicati in motivazione.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Silvana Bini, Consigliere
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore