Corte di Cassazione, penale,  sez. III,  sentenza del  12/02/2020 n.11281

Corrado Spriveri[1]

Estratto:  La confisca, anche per equivalente deve essere disposta anche in caso di sentenza con applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p.

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte[2] ha correttamente annullato con rinvio, la sentenza  emessa dal giudice di prime cure per non aver disposto la misura della confisca del profitto del reato o di beni o valori a questo equivalenti; pronuncia accessoria e a contenuto predeterminato, che va disposta anche nel caso di definizione del procedimento ai sensi dell’art.444 c.p.p. (cd. patteggiamento).

Invero, il giudice di primo grado pur avendo pronunciato la sentenza, ex art.444 c.p.p.,  in data successiva all’introduzione dell’art.12-bis decreto legislativo n.74 del 2000[3]ha omesso, senza spiegarne le ragioni, di provvedere sulla misura della confisca – “diretta” o “per equivalente” – relativamente al profitto del reato, da individuarsi, salvo il caso di pagamenti (anche parziali), in importo commisurato alla “imposta evasa” a seguito della mancata presentazione della dichiarazione, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto.

Difatti, l’art. 12-bis del decreto legislativo n.74 del 2000, rubricato “Confisca”,  dispone che “Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.

Il testuale contenuto della suindicata norma prevede, per l’appunto, l’applicazione della confisca per equivalente, anche,  in ipotesi di sentenza di applicazione della pena ex art.444 c.p.p.; l’applicazione di tale misura discende altresì, dalla natura sanzionatoria ad essa, indiscutibilmente, riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità.

Secondo il Supremo Collegio, difatti,  la confisca anche per equivalente prevista dall’art.12-bis decreto legislativo n.74/2000  opera “oltre che in caso di condanna, anche, in virtù del testuale contenuto della norma, in ipotesi di sentenza di applicazione della pena ex art.444 c.p.p., va poi applicata, tanto più in quanto, come precisato, obbligatoria, pur laddove la stessa non abbia costituito oggetto dell’accordo delle parti”[4].

La Suprema Corte inoltre, riguardo alla previgente disposizione normativa contenuta dal combinato disposto dell’art.1, comma 143 legge n.244/2007 e art.322-ter c.p., aveva  già affermato che l’obbligatorietà della confisca discende “sia dal dato testuale della norma, ove si prevede (…) che la confisca sia “sempre ordinata”, sia dalla natura sanzionatoria ad essa incontestabilmente riconosciuta  dalla giurisprudenza; attraverso di essa, infatti, si è inteso privare l’autore del reato di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume, così, i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, non commisurata né alla colpevolezza dell’autore del reato, né alla gravità della condotta”[5].

Con queste motivazioni il Supremo Collegio ha annullato con rinvio la sentenza  emessa dal giudice di prime cure per non aver disposto la misura della confisca, anche per equivalente,  nella pronuncia  di condanna con applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art.444 c.p.p. (cd. patteggiamento).

IL CASO:

Con sentenza del 3 aprile 2019, il Tribunale di Messina, decidendo ai sensi dell’art.444 c.p.p., ha applicato nei confronti  di ………… la pena dal medesimo richiesta in ordine all’art.5 decreto legislativo 10 marzo 2000, n.74[6],  per aver omesso la presentazione della dichiarazione relativa a dette imposte, per l’anno 2014, realizzando un’evasione d’imposta pari a euro 121.999,00.

Avverso la suddetta pronuncia  ha proposto appello il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Messina, lamentando l’omessa confisca del profitto del reato o di beni o valori a questo equivalenti, pronuncia accessoria e a contenuto predeterminato – allega l’impugnante – che va disposta anche nel caso di definizione del procedimento ai sensi dell’art. 444 c.p.p.

MOTIVI DELLA DECISIONE:

Questa Corte ha già affermato il principio – peraltro consolidato – secondo cui, in materia di reati tributari, la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, deve essere sempre disposta nel caso di condanna o di sentenza di applicazione concordata della pena, stante l’identità della lettera e la piena continuità normativa tra la disposizione di cui all’art. 12-bis, comma 2, del predetto decreto (introdotta dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ed applicabile nel caso di specie ratione temporis) e la previgente fattispecie prevista dall’art. 322-ter c.p., richiamato dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, abrogata dal citato D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 14 (Sez. 3, n. 50338 del 22/09/2016, Lombardo, Rv. 268386).

Con riguardo all’identica previsione risultante dal combinato disposto della L. n.244 del 2007, art. 1, comma 143 e art. 322 ter c.p., si era affermato che l’obbligatorietà della confisca discende “sia dal dato testuale della norma, ove si prevede (…) che la confisca sia “sempre ordinata”, sia dalla natura sanzionatoria ad essa incontestabilmente riconosciuta dalla giurisprudenza; attraverso di essa, infatti, si è inteso privare l’autore del reato di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume, così, i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, non commisurata nè alla colpevolezza dell’autore del reato, nè alla gravità della condotta” (Sez. 3, n. 44445 del 09/10/2013, Cruciani, Rv. 257616, in motivazione).

La citata decisione aggiunge che la confisca per equivalente, operante, “oltre che in caso di condanna, anche, in virtù del testuale contenuto della norma, in ipotesi di sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., va poi applicata, tanto più in quanto, come precisato, obbligatoria, pur laddove la stessa non abbia costituito oggetto dell’accordo delle parti (cfr. Sez. 2, n. 20046 del 04/02/2011) (…) Né è necessario, per l’assenza di norme che dispongano in senso contrario, che la confisca per equivalente sia preceduta dal sequestro preventivo dei beni oggetto della stessa (Sez. 3, n. 17066 del 04/02/2013, Volpe e altri, Rv. 255113)” (Sez. 3, n. 44445/2013).

La doglianza proposta, poi, è ammissibile anche a seguito della “novella”  attuata con L.23 giugno 2017, n. 103, art.1, comma 50, che ha introdotto l’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, a norma del quale contro la sentenza di patteggiamento può essere proposto ricorso per cassazione “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”.

Scrutinando vicende analoghe a quella di specie, questa Corte ha già ritenuto che, in tema di patteggiamento, è ammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero, ex art. 448 c.p.p., comma 2-bis, volto a denunciare l’omessa applicazione della confisca obbligatoria prevista dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12-bis, nonostante la ricorrenza dei relativi presupposti, in quanto tale omissione determina una illegalità sul piano quantitativo delle statuizioni conseguenti alla realizzazione del reato per il quale detta confisca è prevista come obbligatoria (Sez. 3, n. 29428 del 08/05/2019, Scarpulla, Rv. 275896) e, trattandosi di questione che non aveva formato oggetto di accordo tra le parti, quest’orientamento trova conferma in una recente pronuncia adottata da questa Corte nella sua più autorevole composizione (S.U., sent. 26/09/2019, Savin).

Venendo al merito, osserva il Collegio come il ricorso sia indubbiamente anche fondato. Il giudice, pur avendo pronunciato sentenza di applicazione pena per reato tributario – peraltro consumato, come detto, in data successiva all’introduzione del D.Lgs. n.74 del 2000, art.12-bis – ha infatti omesso, senza spiegarne le ragioni, di provvedere sulla confisca (diretta o per equivalente) relativamente al profitto dello stesso, da individuarsi, salvo il caso di pagamenti (anche solo parziali), in importo commisurato all’imposta evasa a seguito della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, vale a dire, si legge imputazione, in Euro 121.999,00. La sentenza impugnata va pertanto in parte qua annullata con rinvio al Tribunale di Messina affinché provveda in applicazione dei citati principi di diritto.

In conclusione con la sentenza n.11281/2020 la Suprema Corte ha sancito, in buona sostanza, che  “La confisca, anche per equivalente deve essere disposta anche in caso di sentenza con applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p”.


[1] Avvocato.

Per un approfondimento sulla disciplina del diritto penale tributario:  Corrado Spriveri, “Il sistema penale tributario in Italia. Dalla teoria alla prassi applicativa, alla luce delle novità  introdotte dal c.d. Decreto Fiscale (d.l. n. 124/2019 convertito con modificazioni dalla legge n. 157/2019)”, Bari, Cacucci, 2020.

[2] Corte di Cassazione, pen.,  sez. III,  sentenza del  12/02/2020,  n.11281.

[3] Si rammenta che l’art. 12-bis del decreto legislativo n.74/200 è stato introdotto con  il decreto legislativo n.158/2015… “Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca”.

[4] Corte di Cassazione, sez. II, sentenza del 04/02/2011 n. 20046.

[5] Corte di Cassazione, sez. III,  sentenza del 09/10/2013 n.44445, Cruciani, Rv. 257616.

[6] L’art.5 del decreto legislativo n.74/2000 rubricato “Omessa dichiarazione”,  prevede una sanzione di carattere penale  nei confronti  di  “ …  chiunque  al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila”.

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