Il ricorso amministrativo in materia previdenziale.

(avv. Domenico Di Leo)

In materia previdenziale, vige il principio della domanda: colui che vuole ottenere una prestazione erogata dall’Ente di Previdenza, comunque denominato, deve presentare un’istanza apposita all’ente. Il principio della domanda è funzionale all’accertamento del diritto alla prestazione previdenziale, accertamento che è sottratto all’autonoma iniziativa dell’ente de quo.

L’interessato presenta la domanda, in forma scritta, seguendo le indicazioni di forma e le modalità prefissate dall’ente di previdenza, e indirizza l’istanza all’organo competente, allegando la documentazione richiesta su cui l’interessato fonda la sua pretesa. Al fine dell’avvio del procedimento amministrativo, è sempre necessaria l’impulso di parte: infatti, non esiste in capo all’ente di previdenza un obbligo di accertamento ex officio del diritto alla prestazione avanzato dal soggetto interessato. Ciò si spiega con il fatto che l’ente non avrebbe nessuna possibilità di accertamento e di individuazione degli aventi diritto, per i quali l’iniziativa di parte si pone come primo atto necessario a portare a conoscenza dell’ente l’essersi verificato l’evento tutelabile.

L’iscrizione alla Cassa di previdenza è obbligatoria per il professionista iscritto all’albo professionale che esercita la professione con carattere di continuità: anche l’iscrizione alla Cassa non segue criteri di automaticità, essendo necessaria la richiesta da parte del soggetto interessato. L’iniziativa di parte evita altresì che il soggetto interessato possa incorrere nell’iscrizione tardiva d’ufficio, con le conseguenti e rilevanti sanzioni previste dalla legge.

Il versamento segue due differenti modalità, quanto all’iniziativa: la Cassa procede sua sponte alla riscossione mediante MAV o mediante ruolo esattoriale mentre il professionista verserà di sua iniziativa i contributi che superino la misura del contributo minimo. Ancora una volta, è ribadita la necessità dell’iniziativa del soggetto interessato per ottenere una prestazione dalla Cassa o per essere iscritto a questa e per versarvi i contributi come per legge.

Dal punto di vista strettamente processuale, la presentazione della domanda amministrativa all’ente di previdenza costituisce un requisito processuale di ammissibilità della domanda giudiziaria e non una condizione dell’azione: mancando la domanda di parte, l’azione giudiziaria è improponibile (Cass. 14 aprile 2005, n. 7710). La domanda è necessaria quando è prevista dalla legge (Cass. 5 ottobre 2007, n. 20892).

Con la pronuncia n. 14294 del 28 giugno 2011, la S.C. ha precisato che la domanda amministrativa di prestazione previdenziale è condizione di ammissibilità della domanda giudiziaria – a differenza del ricorso introduttivo del procedimento amministrativo ex art. 443 c.p.c. – perché il legislatore ha disposto che il soggetto interessato non afferma un diritto innanzi all’A.G. prima che esso sia sorto, cioè prima del perfezionamento della domanda (fattispecie a formazione progressiva), ma la presentazione della domanda medesima fa sorgere l’obbligo dell’ente previdenziale a provvedere: perciò, la presentazione della domanda non fa sorgere non può essere paragonata ad una condizione dell’azione.

Nella materia previdenziale, i ricorsi amministrativi rientrano nell’ambito operativo della l. 241/90 e s.m.i.: com’è noto, tale legge persegue obiettivi di trasparenza e di semplificazione del procedimento amministrativo, dettando norme volte ad assicurare lo svolgimento dell’azione amministrativa secondo criteri di celerità, di semplicità e di economicità. Il procedimento amministrativo, avviato su istanza di parte o d’ufficio, debba concludersi con l’adozione di un provvedimento espresso, adeguatamente motivato in fatto e in diritto, da emettere entro i termini massimi determinati dalla P. A. procedente per la conclusione di ciascun tipo di procedimento di sua competenza, ovvero nel termine di gg. 30 (fissato dalla l. 241/1990), nel caso in cui la P.A. non abbia provveduto a indicare un diverso termine.

Il soggetto assicurato che propone il ricorso amministrativo persegue la finalità tutelare, da un lato, limitando le controversie giudiziarie e, dall’altro lato, riducendo i tempi della tutela medesima: il ricorso amministrativo è caratterizzato dall’effetto devolutivo, nel senso che, con la proposizione di esso, non si vuole ottenere l’eliminazione dell’atto impugnato ma un riesame dell’oggetto già deciso o valutato dall’autorità amministrativa procedente che ha emanato quell’atto.

Il nostro ordinamento giuridico non conosce una disciplina unitaria e comune dei diversi procedimenti amministrativi contenziosi: per ogni P.A. esiste una disciplina e, in relazione alla materia previdenziale, esistono differenti discipline per i differenti sistemi ed enti previdenziali.

In generale, il ricorso va presentato per iscritto, in carta semplice, senza formalità o formule sacramentali (unici elementi imprescindibili sono la forma scritta e la sottoscrizione dell’interessato), deve contenere la manifestazione di volontà del professionista di impugnare il provvedimento pregiudizievole per i propri interessi (oppure, a seconda dei casi, la mancata emissione di un provvedimento espresso) proveniente dalla Cassa do previdenza: il ricorso deve altresì contenere le generalità del ricorrente, gli estremi del provvedimento impugnato e i motivi su cui si fonda il gravame.

In materia di ricorsi amministrativi (escluse le controversie giudiziarie), l’art. 8 l. 533/1973 prevede espressamente che nelle procedure amministrative che attengano alle controversie previdenziali, non si tiene conto dei vizi, delle preclusioni e delle decadenze intervenute nel corso del tempo. I termini predetti sono pertanto inefficaci nel caso di presentazione dei ricorsi: per il consiglio di amministrazione della Cassa forense, si impone l’obbligo di esaminare e decidere il ricorso, anche se questo è stato presentato oltre i termini di decadenza dal professionista o se è scaduto il termine per la decisione, indicato dalla legge. Oltre al dictum dell’art. 8 citato, tale soluzione – almeno in relazione all’ultimo aspetto indicato – discende dal combinato disposto dei due principi della buona amministrazione e dal principio dell’autotutela che consente all’amministrazione coinvolta di rivedere il proprio comportamento, cristallizzato nel provvedimento oggetto di ricorso.

(a cura dell’avv. Domenico Di Leo)

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