Corte di Cassazione, sentenza n. 16047 del 21 settembre 2012 in tema di ritardo nel risarcimento del danno morale.

 

Nota a sentenza n.16047/2012

 

a cura dell’Avv. Teresa Giacovelli

 

Massima

 

In caso di ritardo del pagamento del danno morale va liquidato anche il lucro cessante per il mancato godimento della somma risarcitoria, mediante gli interessi compensativi.

 

Sintesi del caso

 

Nella vicenda in esame una donna era deceduta a seguito di intervento chirurgico cui si era sottoposta per contrastare l’obesità. Nel corso dell’intervento e prima del decesso erano subentrati, per un mese circa, dolori lancinanti e tali da giustificare una richiesta di danno morale. I familiari della vittima ricorrevano in Cassazione per l’avvenuto ritardo nel risarcimento del danno  ottenendo a loro favore  il riconoscimento  del danno da lucro cessante. Il calcolo di tale danno viene computato con la liquidazione degli interessi compensativi,da calcolarsi nella misura degli interessi al tasso legale sulla minor somma che ne avrebbe costituito l’equivalente monetario alla data di insorgenza del credito,coincidente con quella dell’evento dannoso.

 

Questio iuris

 

Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte analizza le conseguenze relative al ritardo del pagamento del danno morale e inoltre  offre spunti di riflessione in ordine alla generale categoria del danno de quo e  specie, del danno da perdita del rapporto parentale  Dunque, si  ricavano principi di diritto relativi sia alla funzione degli interessi compensativi come danno da lucro cessante nei debiti di valore  e sia principi generali in punto di liquidazione del danno morale ed in particolare sofferto dagli stretti congiunti in iure proprio.          Al riguardo, come ribadito da precedenti( Cass. Civ. 5770/12), nella liquidazione del danno morale, provocato dalla morte di un prossimo congiunto, il giudice deve procedere con valutazione equitativa, valutando le perdite affettive e la compromissione dell’integrità familiare. In particolare, il danno da perdita del rapporto parentale si caratterizza in quanto l’evento morte rappresenta una fattispecie plurioffensiva che colpisce da un lato  la vittima che subisce il sacrificio del bene personalissimo della vita e dall’altro, i prossimi congiunti, vittime dell’estinzione del rapporto parentale e violati nell’interesse alla intangibilità della sfera degli affetti reciproci e solidarietà della vita familiare. Quanto all’ulteriore e principale  principio di diritto sancito nella pronuncia in esame ,occorre soffermarsi sulle conseguenze del ritardo del pagamento di una pretesa risarcitoria. In tal caso,trattandosi di un  debito di valore, si considerano gli interessi compensativi con funzione liquidativa del danno. La Cass. 3268/08 ha precisato che quando il debito è di valore e la liquidazione avviene per equivalente mediante il riconoscimento della rivalutazione monetaria della somma, ove il debitore dimostri la perdita da lucro cessante per non aver conseguito la disponibilità della somma non rivalutata fino al momento della verificazione del danno, il giudice deve riconoscere il danno a titolo di lucro cessante con gli interessi compensativi.

 

Normativa di riferimento

 

Art. 2059 c.c. : Danni non patrimoniali

 

Art. 1223:c.c  Risarcimento del danno

 

Art.1277 c.c.: Debito di somma di denaro

 

Art. 1224 c.c. : Danni nelle obbligazioni pecuniarie

 

Art. 2697 c.c.: Onere della prova

 

Art. 1176  c.c.: Diligenza nell’adempimento

 

Nota esplicativa

 

La pronuncia in commento ribadisce principi acquisiti in sede di giurisdizione civile con particolare riguardo alle problematiche sottese al risarcimento del danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 cc. Nella specie la Cass.non si limita a riconoscere la categoria del danno morale in conformità con la giurisprudenza consolidatasi successivamente alla nota pronuncia delle Sezioni Unite 2008 ma chiarisce le conseguenze sottese al ritardo  nel pagamento di una pretesa risarcitoria. E’ opportuno precisare che le obbligazioni risarcitorie da inadempimento contrattuale o illecito sono classificate nell’ambito della categoria dei debiti di valore in contrapposizione ai debiti di valuta. La distinzione de qua è decisiva in punto di quantificazione del danno patito dal creditore per effetto del ritardo nell’adempimento. Ed invero, nei debiti di valore la determinazione dell’esatto ammontare della somma presuppone la liquidazione e la rivalutazione della stessa nel periodo intercorrente tra il momento dell’insorgenza del rapporto e la liquidazione. Questo spiega l’importanza della rivalutazione monetaria e del ruolo degli interessi accessori che non sono quelli moratori bensi’ compensativi. Se dal confronto in unità di pezzi monetari tra la somma rivalutata al momento della liquidazione e quella di cui il creditore avrebbe disposto se avesse tempestivamente usufruito dell’importo, la seconda risulta maggiore della prima,si configurerà  il danno da ritardo e il diritto agli interessi compensativi. In applicazione di tale ragionamento,  la Cass. ha riconosciuto nella fattispecie il lucro cessante mediante suddetti interessi .Precisamente,  nei debiti di valore, l’incidenza inflazionistica è risolta in base al rapporto tra rivalutazione monetaria   e interessi risarcendo con la prima il danno emergente e con gli interessi compensativi il lucro cessante. A contrario, nei debiti di valuta ex art. 1224 cc. in combinato disposto con l’art. 1277 cc., rivalutazione e interessi assolvono ad analoga funzione risarcitoria del danno da ritardo e non è ammesso il cumulo perché si presume che il creditore subisce un danno e ha diritto agli interessi moratori. In tal caso la rivalutazione può essere provata come maggior danno ex art. 1224 comma 2 cc. Alla luce di tali osservazioni si comprende l’importanza della pronuncia esaminata che applica le coordinate ivi  esposte anche in sede di liquidazione equitativa del danno morale.

         

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