Avv. Linda Giovanna Vacchiano

1. La previsione dell’anonimato ai sensi dell’art. 53 del D.lgs. n. 50/2016.

L’art. 53 del D.lgs. n. 50/2016 espressamente esclude il diritto di accesso ed ogni forma di divulgazione relativa alla documentazione di gara che possa, in qualunque modo, rendere identificabile l’operatore economica prima e/o all’atto della valutazione della propria offerta, e ciò al fine di garantire la par condicio e la concorrenza tra operatori economici sul mercato. Unitamente alla limitazione di conoscibilità da parte dei terzi delle informazioni relative alla procedura di gara e della divulgazione delle stesse, l’art. 53 del Codice appalti impone il dovere di anonimato per gli operatori economici i quali, a tutela di una valutazione imparziale e terza da parte della stazione appaltante nella scelta del contraente, prevedendo che tutte le comunicazioni, gli scambi e l’archiviazione delle informazioni siano soggette alla garanzia di integrità dei dati e riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione. Affinché si garantisca tale terzietà, la norma attribuisce alla stazione appaltante il potere di imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere il carattere di riservatezza delle informazioni che i predetti soggetti rendono disponibili durante tutta la procedura di appalto.

Nel caso di specie, la sentenza del TAR Milano n. 1408 del 22.07.2020 affronta la problematica della violazione del dovere di segretezza e del principio di anonimato da parte degli operatori economici i quali, per tale motivo, sarebbero dovuti essere esclusi dalla procedura di gara in violazione della legge.

In particolare, la questione oggetto della pronuncia concerne la impugnazione del provvedimento di aggiudicazione relativo ad una procedura di gara indetta dal Comune di OMISSIS per l’affidamento della concessione del servizio di ristorazione scolastica e realizzazione del nuovo centro cottura mediante finanza di progetto ai sensi dell’art. 183 del D.lgs. n. 50/2016. La ricorrente, seconda classificata alla procedure de quo ha impugnato l’aggiudicazione a favore del RTI aggiudicatario, avanzando tra gli altri motivi la violazione dell’obbligo di anonimato per le offerte tecniche contenenti i progetti definitivi. L’aggiudicataria, infatti, aveva indicato il proprio nome nel percorso di salvataggio di alcuni documenti in formato digitale, in aperta violazione alla prescrizione del bando di gara di anonimato prevista a pena di esclusione. 

Veniva proposto, contestualmente, ricorso incidentale da parte dell’aggiudicataria resistente nei conforti della ricorrente, con il quale veniva impugnato il provvedimento di ammissione della stessa in graduatoria, relativamente alla sua collocazione quale seconda classificata. La resistente eccepiva che anche la ricorrente avesse violato l’obbligo di anonimato, avendo indicato nella maschera  della piattaforma telematica relativa all’inquadramento urbanistico – area di progetto, i dati identificativi.

Con atto di costituzione la stazione appaltante, invece, sosteneva la tesi maggioritaria in materia che ritiene irrilevante la indicazione di elementi identificativi se non nella misura in cui consentono un “immediato riconoscimento dell’offerente”, circostanza questa che l’Ente locale non ha ritenuto esser avvenuto nel caso di specie, trattandosi di dati identificativi inseriti all’interno di nominativi di documenti digitali caricati sulla piattaforma della Centrale Unica di Committenza. Posto che il criterio dell’anonimato in tutte le procedure di selezione pubblica costituisce il diretto precipitato del principio costituzionale dell’uguaglianza, nonchè espressione del principio di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione che deve operare nelle proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a condizionamenti esterni ed a garanzia della par condicio, affinché si possa ritenere violato il principio dell’anonimato, dunque, oltre alla diretta identificabilità del concorrente, è necessario altresì l’elemento della intenzionalità dell’inserimento dei segni di riconoscimento (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 17.07.2018 n. 4331; Ad. Plen. 26/2013) al fine di addivenire ad un riconoscimento da parte dei soggetti giudicanti  Sono necessari, in sostanza, elementi atti a provare in modo inequivoco l’intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile i suoi documenti, in modo che la sua esclusione sia da ricondurre alla intenzionalità, per via diretta o presuntiva desunta, di farsi riconoscere ed alla suscettività oggettiva di comportare la riferibilità della documentazione stessa ad un determinato soggetto.

2. La previsione di elementi identificativi nel nominativo di un file caricato sulla piattaforma CUC integra una violazione dell’obbligo di anonimato. L’esclusione dell’operatore economico.

Con riferimento al caso de quo, come sopra meglio evidenziato, i giudici di primo grado, ribaltando l’orientamento maggioritario in materia, hanno affermato un principio fin troppo innovativo.

Richiamando il quadro generale di applicazione del principio di segretezza delle offerte nei procedimenti di aggiudicazione dei contratti pubblici che accompagna la fase di presentazione delle offerte ed il successivo procedimento mediante il quale la stazione appaltante valuta il contenuto della documentazione presentata, i giudici del TAR evidenziano in primo luogo la ratio sottesa al principio in questione: la valutazione oggettiva ed imparziale delle offerte, a parità di condizioni tra le parti e senza anticipazioni di giudizi dal punto di vista temporale in attuazione dell’art. 30 del D.lgs. n. 50/2016.

La violazione denunciata dalla ricorrente e dalla resistente nel ricorso incidentale escludente concerne la violazione del dovere di segretezza nel senso della possibilità di individuazione della paternità dell’offerta tecnica prima della sua valutazione oggettiva, in violazione palese sia della lex specialis di gara (valevole sia per documentazione presentata in formato cartaceo che in formato digitale) che della disciplina specialistica in materia di appalti. Secondo l’orientamento sostenuto dai giudici di primo grado, nel caso di specie si è configurata una ipotesi di violazione del dovere di segretezza e del principio di anonimato – di cui è permeata tutta la disciplina degli appalti pubblici – in quanto la resistente ha indicato nella documentazione presentata elementi idonei ad identificare il nominativo e ricondurre l’offerta tecnica all’operatore economico proponente. Ed a nulla rileva il richiamo all’orientamento maggioritario secondo il quale la stazione appaltante ha facoltà di valutare la rilevanza e la idoneità di tali informazioni a rendere identificabile l’operatore economico, in quanto tale potere non viene attribuito alla stazione appaltante da alcuna norma, e nemmeno dalla lex specialis di gara. E non rileva, altresì, la considerazione di applicare il principio di segretezza solo ed esclusivamente al contenuto dell’offerta, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata ed incentrata sul rispetto del dovere di buona fede. Così facendo, si imporrebbe al ricorrente di dover adoperarsi per addivenire ad una probatio diabolica, ovvero di dover dar prova, od almeno indizio di prova, circa la sussistenza di attività svolte in una seduta segreta e della intenzionalità del comportamento dell’operatore economico che ha violato la disposizione di segretezza.

Nella specie, infatti, non era indispensabile e necessario procedere alla indicazione dei file caricati sulla piattaforma della CUC mediante nominativo espresso del partecipante in quanto, per loro natura, i documenti in formato digitale ammettono facilmente la individuazione della loro proprietà, resa possibile da qualunque apparecchio in comune commercio e facilmente esigibile da qualsiasi componente della commissione. A maggior ragione, trattandosi di documentazione caricata sulla piattaforma informatica, la commissione avrebbe comunque avuto a disposizione personale esperto in materia per addivenire eventualmente a tale conoscenza. La mancata presenza del nominativo in ogni documento presentato dimostrerebbe, poi, la circostanza che l’aggiudicataria ben avrebbe potuto modificare il nominativo dei documenti informatici rendendoli anonimi, in conformità alla lettera di invito.

Con tale pronuncia, dunque, i giudici di primo grado affermano un principio stringente in materia di anonimato stabilendo che anche i dati presenti nei nomi dei file caricati sulla piattaforma telematica che siano idonei ad individuare il nominativo dell’operatore economico che ha presentato il documento prima o durante il suo esame, determinano la violazione del dovere di segretezza e del principio di anonimato e comportano, di conseguenza, la esclusione dell’operatore interessato dalla procedura di gara. Tale conclusione merita, tuttavia, una osservazione. Se si addivenisse ad una concretizzazione di tale orientamento giurisprudenziale, che impone di attribuire rilevanza altresì agli elementi formali della presentazione delle offerte, ai fini del rispetto del principio di segretezza e del dovere di anonimato, si addiverrebbe a molteplici pronunce di esclusione dalla procedura di gara e, nella peggiore delle ipotesi, di annullamento del provvedimento di aggiudicazione, sulla base di mere formalità che – soprattutto nei casi di gare svolte mediante piattaforme telematiche gestite da consulenti esterni –  non sono nemmeno visibili, e dunque direttamente conoscibili, ai commissari di gara. Sarebbe, invece, il caso di garantire agli operatori economici la partecipazione mediante caricamento di tutta la documentazione necessaria, con un onere di anonimizzazione da parte dei gestori della piattaforma telematica di gara, e ciò proprio per evitare potenziali – anche se remoti – condizionamenti nella valutazione delle offerte da parte dei commissari di gara, nonchè garantire maggiore partecipazione e par condicio tra gli operatori economici e l’attuazione del principio di di libera concorrenza, sempre nel rispetto dei principi di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa e semplificazione e tempestività procedimentale.

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