Corrado Spriveri[1]

In attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 (c.d. direttiva PIF) recante norme per la “lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale”, volta, come si legge nel Considerando 3) della direttiva, a “proseguire nel ravvicinamento del diritto penale degli Stati membri completando, per i tipi di condotte fraudolente più gravi in tale settore, la tutela degli interessi finanziari dell’Unione ai sensi del diritto amministrativo e del diritto civile, evitando al contempo incongruenze sia all’interno di ciascuna di tali branche che tra di esse”, il legislatore, col decreto legislativo 14 luglio 2020 n.75, è intervenuto, tra l’altro, in materia di diritto penale tributario, apportando delle importanti e sostanziali modifiche al decreto legislativo n.74 del 2000 in tema di illeciti fiscali.

Il legislatore, quindi, per conformarsi alle disposizioni innovative contenute nella direttiva (UE) 2017/1371 è intervenuto modificando, “in primis”, la disciplina del delitto tentato contenuta nell’art.6 del decreto legislativo n.74/2000.

Invero, il legislatore nel disciplinare i reati tributari, ante riforma, escludeva che fossero punibili a titolo di “tentativo” le fattispecie delittuose di cui agli artt.2 “Dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti”, 3 “Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici” e 4 “Dichiarazione infedele”.

La “ratio” della norma (prima delle modifiche introdotte dall’art.2 del decreto legislativo n.75/2020) era quella di evitare che il trasparente intento del legislatore delegante (di cui alla legge n.205/1999) di bandire il modello del cd. “reato prodromico” risultasse vanificato, in concreto, dall’applicazione dell’art.56 c.p., che tratta proprio del tentativo[2].

In senso conforme si era espressa anche la Corte Costituzionale, laddove aveva ritenuto che la scelta legislativa “di escludere la punibilità a titolo di tentativo dei delitti in materia di dichiarazione di tipo commissivo di cui agli artt. 2, 3 e 4, mira, oltre che a stimolare, nell’interesse dell’Erario, la resipiscenza del contribuente nel corso del periodo d’imposta, ad evitare che violazioni preparatorie già autonomamente represse nel vecchio sistema, possano essere ritenute tuttora penalmente rilevanti ex se, quali atti idonei, preordinati in modo non equivoco ad una falsa dichiarazione[3].

Con l’art.2 del decreto legislativo n.75 del 2020 il legislatore ha ora, al contrario, aggiunto un ulteriore comma al suindicato art.6, prevedendo a tal fine che “salvo che il fatto integri il reato previsto dall’articolo 8, la disposizione di cui al comma 1 non si applica quando gli atti diretti a commettere i delitti di cui agli articoli 2, 3 e 4 sono compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione europea, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro”.

Nello specifico, con riferimento ai “delitti in materia di dichiarazione” di cui agli artt. 2, 3 e 4 decreto legislativo n.74/2000, è ora prevista la punibilità a titolo di “tentativo” (precedentemente espressamente esclusa dall’art. 6, cui è ora aggiunto il nuovo comma 1-bis) allorquando gli atti diretti a commettere i delitti ora menzionati sono compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione europea, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto, quando l’imposta evasa ha un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.

La nuova disposizione normativa è così pienamente applicabile alle fattispecie delittuose in parola solo in presenza di determinate condizioni, ovverosia:

  1. l’evasione d’imposta deve avere ad oggetto specificatamente l’imposta sul valore aggiunto (si rammenta in proposito che il decreto legislativo n.74/2000 ha ad oggetto sanzioni riferite ad illeciti penali in materia di imposte sui redditi, IRES e IRPEF, e dell’imposta sul valore aggiunto). A titolo esemplificativo si ricorda che è esclusa l’IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive) dal novero dei reati tributari;
  • l’imposta evasa deve avere un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro (quindi deve trattarsi di un’evasione fiscale consistente);
  • la condotta che integra il “tentativo”, riferito alle fattispecie delittuose interessate dalla nuova disposizione normativa (ex artt.2, 3 e 4 d.lgs. n.74/2000), deve realizzarsi anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione europea; ovvero può interessare anche più Stati membri dell’U.E.;
  • Il “tentativo” oggetto di contestazione non deve integrare la fattispecie delittuosa prevista dall’articolo 8 “Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” decreto legislativo n.74 del 2000 (clausola di riserva).

Come si evince dalla Relazione Illustrativa il legislatore ha inteso escludere che il soggetto che emetta o rilasci fatture o documenti per operazioni inesistenti, punito per la sola emissione, possa rispondere altresì del “tentativo” del reato di utilizzo delle fatture e/o documenti medesimi di cui all’art.2 del d.lgs. n.74/2000 “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.

Resta dunque impregiudicato il principio della non punibilità in materia di “Concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” di cui all’art.9 lett. a) decreto legislativo n.74/2000, con il quale l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di tali fatture o documenti[4].

Al riguardo, per come si evince dalla suddetta Relazione Illustrativa, un intervento in materia di concorso nei reati tributari non è da ritenersi quindi necessario.


[1] Avvocato.

Per un approfondimento in materia di delitto tentato e più in generale sulla disciplina del diritto penale tributario:  Corrado Spriveri, “Il sistema penale tributario in Italia. Dalla teoria alla prassi applicativa, alla luce delle novità  introdotte dal c.d. Decreto Fiscale (d.l. n. 124/2019 convertito con modificazioni dalla legge n. 157/2019)”, Bari, Cacucci, 2020 e relativa appendice pubblicata nel sito web dell’editore “Cacucci editore”.

[2] C. Ciminiello – L. Quercia, “I reati tributari”, Napoli, Sistemi Editoriali 2007, pp. 174-175.

[3] Corte costituzionale, sentenza n.49 del 27 febbraio 2002. La Suprema Corte con la citata sentenza ha dichiarato, tra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 sollevata in riferimento all’art.3 della Costituzione.

[4] Corte di Cassazione, sez. III, sentenza del 6 febbraio 2017, n.5434. Secondo la giurisprudenza di legittimità la disciplina in deroga al concorso di persone nel reato prevista dall’art.9 decreto legislativo n.74/2000 non si applica laddove il soggetto emittente le fatture per operazioni inesistenti coincida con l’utilizzatore delle medesime.

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