L’esercizio dell’azione diretta in sede penale, nei confronti della Compagnia di assicurazione del vettore, da parte del trasportato danneggiato
di Alberto Eramo
L’intervento operato dal Legislatore con l’introduzione dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni (D.lvo 7.9.2005, n. 209) ha fatto sorgere l’interrogativo relativo alla ammissibilità per il terzo trasportato di esercitare azione diretta nel processo penale nei confronti della Compagnia che assicura il vettore, in caso di incidente derivante dalla circolazione stradale.
Come è stato giustamente notato[1] l’intervento operato dal Legislatore presenta elementi di novità destinati ad incidere sul tema della legittimazione ad essere parte nel processo penale.
Più precisamente il tenore della norma non fa trasparire con immediata perspicuità la possibilità – da parte del terzo trasportato – di evocare nel corso del procedimento penale l’impresa di assicurazioni del vettore quale responsabile civile ex art. 83 c.p.p.
Le difficoltà sorgono in particolare in relazione al dubbio generato dalla non omogenea sovrapposizione della normativa del codice civile, di quella del codice penale e di procedura penale, di quella del Codice delle Assicurazioni, nonché del DPR 18.7.2006 n. 254 (Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale).
Di assoluta importanza è – preliminarmente – chiarire che il concetto di responsabilità civile si estende oltre la persona del responsabile del fatto penale, allargandosi a comprendere tutti coloro che – indipendentemente dal ricorrere di una propria responsabilità penale – devono rispondere delle conseguenze del fatto-reato.
Tale tesi, sostenuta in tempi risalenti dalla Cassazione (Cass. Pen. Sez. III, 30.6.1984), appare costituire un principio generale uniformemente applicabile; ciò sebbene il caso, che in quell’occasione la Suprema Corte era chiamata a risolvere, riguardasse ipotesi diverse da quella in esame.
Altresì decisivo è chiarire che assume la qualità di responsabile civile il soggetto in capo al quale incombe l’obbligazione al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, a norma dell’art. 185, 2° comma c.p..
Tale soggetto – secondo la dottrina [2]– è quindi destinatario della azione risarcitoria per il fatto altrui, pur essendo estraneo alla commissione del reato, in ogni caso in cui una disposizione di legge stabilisca un vincolo di solidarietà nell’obbligazione civilistica.
E’ però importante precisare ulteriormente che, ai nostri fini, all’inciso “leggi civili” di cui all’art. 185, 2° comma c.p., occorre invece attribuire una interpretazione di natura estensiva[3].[4]
Il procedimento logico-giuridico dovrà – a questo punto – transitare per la tappa obbligata della identificazione della natura giuridica della responsabilità civile scaturente da danni derivati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.
Soccorre, però, in materia la sentenza della Corte Costituzionale n. 112/1998, che si esprime con assoluta chiarezza, allorchè proclama che la responsabilità civile scaturente dalle disposizioni relative all’assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore e dei natanti deve essere collocata “tra i casi di responsabilità civile ex lege, ai quali si riferisce il secondo comma dell’art. 185 c.p. quando stabilisce il principio per cui “ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, devono rispondere per il fatto di lui”.
Corrisponde a tale definizione il corollario – come peraltro ricordato dalla medesima Corte – secondo cui la citazione della società assicuratrice si identifica nella creazione di una nuova figura di responsabile civile (Corte Cost. n.24/1973).
La Corte Costituzionale (con la citata sent. 112/98) chiarisce quindi che: “…. Allorchè la Corte di Cassazione esclude l’azione civile diretta del danneggiato contro l’assicuratore in sede civile (e conseguentemente esclude la citazione dell’assicuratore medesimo come responsabile civile nel processo penale) ciò avviene solo con riferimento a quelle assicurazioni che hanno la fonte esclusiva nel contratto, osservandosi che in questi casi l’assicuratore è soltanto tenuto verso l’assicurato, ovviamente nei limiti del capitale assicurato.
Ma la stessa Corte di Cassazione riconosce invece esplicitamente che l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione di autoveicoli a motore e di natanti configura una responsabilità civile dell’assicuratore “ex lege”, da inquadrarsi nell’ambito di applicazione dell’art. 185 del c.p.(cfr. “ex plurimis” Cass. Pen., sez VI, 8.11.1977, n.15974; sez. IV, 14.5.1987, n. 10910; sez.IV, 12.4.1988 n.10354; sez. IV, 10.4.1997, n.4940)” .
Non è privo di rilievo ricordare altresì che nella medesima sentenza si fa esplicito riferimento al principio secondo cui “gli istituti civilistici, quando vengono calati nel contesto del giudizio penale subiscono delle “reazioni di adattamento”, ma occorre che gli adattamenti siano previsti da norme specifiche o che siano conseguenze necessitate da evidenti esigenze di equità e di armonizzazione”.
Quanto sinora esposto è allora in grado di risolvere le incertezze in materia, sussistendo la legittimazione passiva della assicurazione nel processo penale, e quindi la possibilità di assumere la qualità di responsabile civile, allorchè ricorrano[5] una responsabilità di natura penale a carico del conducente del veicolo sul quale il terzo trasportato era a bordo al momento del sinistro o a carico del conducente di altro veicolo che ha causato il sinistro, nonché una condotta del penalmente responsabile di cui l’assicurazione deve rispondere ex lege (e non, come chiarito dalla sent. 112/98 della Corte Costituzionale, ex contracto)[6].
I requisiti sinora indicati corrispondono a quanto già all’interno dell’art. 141 Codice delle Assicurazioni, che costituisce pertanto “l’istituto civilistico”, previsto da una norma, che viene calato nel processo penale.
La conclusione che si trae dalla lettera della legge è quindi che la Compagnia di Assicurazione del veicolo sul quale era a bordo il terzo trasportato (che richieda il risarcimento del danno subìto) sia legittimata passivamente nel processo penale quale responsabile civile, in caso di citazione formulata dal terzo trasportato costituitosi parte civile, e ciò indipendentemente dal fatto che l’imputato sia il vettore del terzo trasportato o il conducente di altro veicolo che abbia causato il sinistro.
Bibliografia: G. Dean, in Trattatto di Procedura Penale a cura di G. Spangher , Vol. I – I soggetti – Torino, 2009; U. Scotti, “Il risarcimento del terzo trasportato” – CSM Ufficio per gli incontri di studio – Incontro 2929/08; M. Maniscalco, L’azione civile nel processo penale, Padova 2006; P.Tonini, Manuale di Procedura Penale, Milano 2010; G. Guarneri NDI, voce Responsabile civile, Torino 1968;
[1] G. Dean, in Trattatto di Procedura Penale a cura di G. Spangher , Vol. I – I soggetti – 2009
[2] G. Dean, op. cit.
[3] O comunque tale da ricomprendere qualsiasi legge non penale, anche di diritto pubblico (Chiliberti, Azione civile e processo, cit. in Comm. Breve al Codice di procedura penale Conso-Grevi, art. 83 cpp)
[4] Il Guarneri (NDI, voce Responsabile civile) definisce invece il responsabile civile come “il civilmente responsabile del danno derivante dal reato, e cioè, colui che deve rispondere delle conseguenze civili di ordine patrimoniale o non patrimoniale inerenti ad un reato commesso da persona della quale abbia a rispondere in forza degli art. 2047 e segg. C. civ .
[5] Vedi sul punto amplius: U. Scotti “Il risarcimento del terzo trasportato” – CSM Ufficio per gli incontri di studio – Incontro 2929/08
[6] Cfr. Cass. pen., Sez. IV, 21/06/2005, n. 39388, La legittimazione passiva del responsabile civile sussiste solo se nel processo penale è presente un imputato del cui operato debba rispondere per legge, dovendo escludersi che risponda anche del fatto altrui in base ad un titolo contrattuale. (Fattispecie in cui era stato citato come responsabile civile l’ANAS, in qualità di ente committente, in un processo per omicidio colposo a carico di imputati che erano dipendenti della società appaltatrice dei lavori). (Annulla in parte senza rinvio, App. Milano, 6 Giugno 2002) FONTE CED Cassazione, 2005 Arch. Nuova Proc. Pen., 2007, 2, 225 Riv. Pen., 2007, 1, 83