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A cura del dott. Giovanni Costa

Ogni individuo ha interesse ad agire all’interno del mercato al fine di poter soddisfare le proprie esigenze, e per tale ragione chi intende acquistare o vendere un bene svolge con il probabile venditore o acquirente diverse trattative con l’intento di addivenire ad un negozio che soddisfi nel migliore dei modi le sue aspettative.

Tali trattative, sia in base al contenuto già disposto dalle parti che alla volontà delle stesse, possono sfociare in un contratto preliminare di preliminare, in un contratto preliminare o in un contratto definitivo. Dunque, in linea generale l’inquadramento in una delle tre figure, dipende da due elementi: uno oggettivo ed uno soggettivo. Il primo elemento si basa sulla concreta regolamentazione effettuata dalle parti, mentre il secondo sulla manifestazione di volontà dei contraenti, la quale funge da guida per individuare gli effetti da assegnare all’accordo raggiunto.

Altresì assume grande importanza distinguere tra un mero accordo preparatorio ovvero un vero e proprio contratto. In particolare saremo in presenza di una puntuazione non solo nel momento in cui le parti hanno inteso stilare una semplice bozza o una dichiarazione non vincolante, ma anche nel caso in cui tale puntuazione (cd. Specifica) ricopre tutti gli elementi che caratterizzano il futuro contratto e le parti non l’hanno intesa come accordo avente efficacia di legge tra le stesse, bensì come trattativa, seppur molto avanzata. Nel caso, poi, di insorgenza di un’eventuale controversia tra i contraenti sul valore da dare al documento nascente dalle contrattazioni, rientra tra i poteri tipici del giudice decidere sulla qualificazione da dare allo stesso. Il giudice dovrà comunque decidere non secondo discrezionalità, ma vagliando l’effettiva volontà delle parti. A conferma di ciò la Cassazione afferma che: “E’ del tutto ovvio che il compito di ricondurre la fattispecie concreta alle possibili figure di un mero accordo preparatorio ovvero di contratto concluso rientra nei poteri tipici del giudice di merito, le cui conclusioni sono censurabili in sede di legittimità per errore di diritto, nel caso egli abbia violato le norme disciplinanti la configurabilità giuridica della fattispecie concreta ovvero per vizio di motivazione laddove lo stesso giudice sia incorso in vizi logici o contraddizioni nell’iter motivazionale concernete l’apprezzamento dei fatti sottoposti al suo esame. Così come lo svolgimento di trattative e la redazione di appunti o bozze di contratto non superano, di per sè, la fase della puntuazione, vale a dire quella di un accordo preliminare su talune delle condizioni di un futuro contratto, che, pertanto, deve ritenersi non concluso (Cass. 1691/1982), altrettanto deve dirsi di una scrittura bilaterale di puntazione che, anche quando contenga quasi tutti gli elementi di un futuro contratto, non assume il carattere di contratto (nella specie, un preliminare di vendita immobiliare) nè di proposta contrattuale se, per la qualità dei firmatari, per costante qualificazione dei diversi punti alla stregua di “intese” appare come semplice esternazione della volontà di trattare e come puntualizzazione dei termini della trattativa (Cass. 4570/1988). Anche la puntuazione c.d. completa, se è racchiusa in un documento sottoscritto dalle parti e contiene la regolamentazione completa, nelle clausole essenziali ed accessorie (Cass. 2500/1983), di un assetto di interessi negoziale, integra una mera presunzione semplice di perfezionamento contrattuale che resta superata ove sussista la prova contraria dell’effettiva volontà delle parti denotante il mancato raggiungimento di un accordo[1] ”. Altresì la Corte di Cassazione ritiene puntuazione anche l’accordo sui soli elementi essenziali del contratto, ex articolo 1325 c.c. .  Infatti perché si possa parlare di contratto a tutti gli effetti bisogna aver raggiunto l’intesa sia sugli elementi essenziali che su quelli accessori[2].

La fase delle trattative si reputa conclusa nel momento in cui si approda nel cd. Contratto preliminare di preliminare. Tale figura, alquanto discussa in dottrina e in giurisprudenza, è stata definitivamente riconosciuta nel nostro ordinamento con la sentenza del Corte di Cassazione, S.U. del 06/03/2015 n. 4628.

Prima di tale arresto giurisprudenziale si riteneva che riconoscere la figura del preliminare di preliminare comportava l’instaurazione di un contratto privo di causa intesa come funzione economica – sociale, dunque si sarebbe dato vita ad un contratto – quale il preliminare di preliminare – con un contenuto identico al contratto preliminare, ponendo in essere una inconcludente supertefazione. Il Supremo Collegio, pertanto, nella sentenza n. 8038 del 2009 affermava che: “L’ art. 2932 c.c., instaura un diretto e necessario collegamento strumentale tra il contratto preliminare e quello definitivo, destinato a realizzare effettivamente il risultato finale perseguito dalle parti. Riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi … ad obbligarsi a ottenere quell’effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anzichè prometterlo subito”.

Questa posizione giurisprudenziale è stata smentita dalla sentenza n. 4628/2015 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, la quale riprendendo la concezione della “ causa in concreto[3] “ avallata dalla sentenza n. 10490/2006, afferma che: “ non può essere negato che sussista un interesse delle parti a creare un “impegno provvisorio”, scindendo la contrattazione preparatoria del contratto definitivo di vendita dell’immobile in due fasi [ … ] una più esauriente determinazione del contenuto contrattuale può essere prevista per meglio realizzare l’ interesse delle parti. Se si dovesse invece ricorrere sempre all’ opzione preliminare/definitivo si dovrebbero riempire i contenuti rimasti in sospeso con il meccanismo di cui all’ art. 1374, integratore rispetto al primo accordo incompleto. E’ stato autorevolmente sostenuto che se mancano violazioni di una legge imperativa, non v’è motivo per giudicare inammissibili procedimenti contrattuali graduali, la cui utilità sia riscontrata dalle parti con pattuizioni che lasciano trasparire l’interesse perseguito, in sé meritevole di tutela, a una negoziazione consapevole e informata “. Dunque il Supremo Collegio, aderendo alla concezione della “causa in concreto” ha riconosciuto la validità del preliminare del preliminare.

La differenza tra la figura precedentemente analizzata e il contratto preliminare[4] non è rinvenibile nel contenuto, ma più che altro nella volontà delle parti, le quali possono decidere se “ obbligarsi ad obbligarsi a stipulare il definitivo ” o se “ obbligarsi a stipulare il definitivo ”. Dunque è una quaestio voluntatis il vincolarsi con determinati effetti. In caso di contrasto sul valore da assegnare ad una scrittura privata sarà compito del giudice valutare le reali intenzioni delle parti sul valore da assegnare alla stessa, ed in particolare il giudicante dovrà fare affidamento sulla volontà esternata da entrambi i contraenti, invero per tale ragione non assume alcun valore la riserva mentale[5].

In merito alle conseguenze nascenti dalla violazione delle due figure precedentemente esaminate si rileva che la violazione del preliminare del preliminare non comporta l’applicabilità dell’ articolo 2932 c.c., infatti viene esclusa l’esecuzione in forma specifica, conferendo però alla parte che ha subito l’ inadempimento il diritto di richiedere il risarcimento dei danni nascenti dalla violazione di un obbligo contrattuale. Mentre nel caso della violazione degli obblighi nascenti dal preliminare si ha sia la possibilità di richiedere l’ esecuzione in forma specifica ex articolo 2932[6] c.c. .

In definitiva nel nostro ordinamento è stato riconosciuto l’ interesse dei contraenti di suddividere in due parti la fase preliminare, per dare la possibilità di una più approfondita conoscenza della convenienza o meno dell’affare da stipulare.            



[1] Cass., Civ., Sez. II, 02/12/2008 n. 28618.

[2] Cass., Civ., Sez. III, 18/01/2005 n. 910: “ Non si ha, invece, perfezionamento, del contratto quando, raggiuntasi l’intesa sui soli elementi essenziali del contratto, si rimetta la determinazione degli elementi accessori ad un momento successivo, in quanto la “minuta” o “puntuazione” dei primi di tali elementi, ancorchè riportata in apposito documento, non ha valore vincolante per mancanza di consenso su tutti gli elementi del contratto (compresi quelli accessori), necessario per la formazione del contratto medesimo ”.

[3] In Cass., Sez. III, 08/05/2006 n. 10490, infatti si legge: “ [ … ] ma è noto che, da parte della più attenta dottrina, e di un assai sporadica e minoritaria giurisprudenza, si discorre da tempo di una fattispecie causale “concreta”, e si elabori una ermeneutica del concetto di causa che, [ … ] affonda le proprie radici in una serrata critica della teoria della predeterminazione causale del negozio, ricostruendo tale elemento in termini di sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare ”

[4] Il contratto preliminare è disciplinato dall’articolo 1351 del codice civile il quale afferma che: “ il contratto preliminare è nullo, se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo ”. Da tale norma si evince uno dei requisiti essenziali del preliminare, quale la forma, ma esso non è l’unico, infatti, il preliminare deve avere anche un contenuto notevolmente dettagliato, in quanto nel caso contrario si verserebbe in una nullità per indeterminatezza.

[5] Con il termine riserva mentale si intendono tutti quei contenuti rimasti interni alle parti, i quali non essendo mai stati manifestati non possono vincolare ai loro effetti.

[6] L’ articolo 2932 c.c. afferma che: “ se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie all’ obbligazione, l’ altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso ”.

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