La Kafalah, il ricongiungimento familiare ed il best interest del minore

A cura della Prof.ssa Paola Todini

 

L’istituto della kafalah[1] di diritto islamico ha origine in parte consuetudinaria  e in parte normativa[2]. Punto focale della disciplina è la Sura XXXIII[3]del Corano, nella quale non si concede spazio alla possibilità di adozione dei minori. Il divieto di adozione[4] si mostra in linea con l’orientamento dei sistemi di diritto islamico nei confronti dello status di figlio che, diversamente da quelli eurocentrici[5], è riconosciuto solo al figlio legittimo.

La kafalah è l’istituto mediante il quale un minore – identificato con il nome makfoul, ossia soggetto da proteggere e richiedente cure – è affidato ad un  kafil,  soggetto deputato a prendersene cura. Rispetto agli istituti che assolvono alla medesima funzione nel diritto italiano, affidamento eterofamiliare ed adozione, la kafalah non attribuisce necessariamente le responsabilità educative, di protezione e mantenimento a oggetti terzi rispetto ai genitori a causa di una loro assenza o inidoneità.

La kafalah non genera un  nuovo rapporto familiare, non instaura rapporti parentali, non ha funzione legittimante, dunque, di norma[6] il makfoul non assume il cognome del kafil e non acquista diritti successori[7], così come in seguito ad una kafalah non sorgono impedimenti matrimoniali. Gli effetti della kafalah, inoltre, non sono irreversibili. L’istituto di protezione dei minori in stato di necessità, dunque, non interrompe il legame giuridico con la famiglia d’origine e lo status personale del minore non viene a mutare.

Il rapporto si può costituire per sentenza -mediante una dichiarazione resa innanzi ad un giudice- o negozialmente, per mezzo di una dichiarazione resa innanzi ad un notaio- e termina, di regola, con il raggiungimento della maggiore età del makfoul.

 Si tratta di un istituto non conosciuto nei sistemi giuridici eurocentrici[8]. La kafalah non crea legami giuridici relativi ai diritti ereditari, se non per via testamentaria e può nascere anche da un rapporto genitoriale[9].

Di tutta evidenza che l’istituto non trovi un suo corrispondente negli istituti italiani di tutela dei minori privi del sostegno familiare segnatamente, a seconda della patologia familiare, adozione ed affidamento. Ogni tentativo di equiparazione o di inserimento nelle categorie occidentali  sarebbe vano atteso che la kafalah  risulterebbe carente dei requisiti ed inidonea ad assolvere le funzioni  tipiche dei due istituti menzionati[10], per tali motivi la giurisprudenza ha negato il riconoscimento dell’adozione ad un rapporto di kafalah[11]

L’istituto rientra tra quelli individuati espressamente dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo[12] e l’art. 3 lettera e) della Convenzione dell’Aja del 1996 sulla responsabilità genitoriale e sulle misure di protezione minorile ha assimilato la kafalah alle misure di protezione minorile occidentali[13].

La kafalah ha posto, sia in ambito dottrinario sia giurisprudenziale, una serie di problematiche in ordine alla sua validità ai fini dell’affidamento etero familiare e dell’adozione[14]. Costituisce, invece, presupposto per la realizzazione del diritto al ricongiungimento familiare[15], che come noto, trova il suo fondamento nel principio generale di protezione della famiglia consentendone la ricostruzione della sua unità attraverso la concessione di un permesso di ingesso nel Paese di accoglimento per gli altri componenti il nucleo familiare[16].

L’art. 29, co 2 del D.lgs. 286/98 prevede, infatti, che,  ai fini del ricongiungimento, i minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli[17], ed al riguardo la giurisprudenza e la dottrina hanno teorizzato che potessero essere considerati tra i minori sottoposti a tutela o affidati anche quelli in kafalah[18].

Come noto, secondo quanto previsto dall’ art. 3 della Convenzione di New York in ogni decisione concernente i minori di competenza delle istituzioni, dei tribunali e delle autorità amministrative l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente. Il best interest[19], o meglio i best interests[20] minorili, sono la ragione sottesa ad una serie di disposizioni giurisprudenziali che hanno innovato gli istituti di diritto italiano affini al tema di indagine di questo lavoro l’adozione[21] e l’affidamento[22] ed al contempo l’apertura verso una interpretazione maggiormente estensiva del riconoscimento della kafalah quale presupposto per la richiesta del ricongiungimento familiare.

Il ricorso al best interest consente in più di un arret della suprema Corte[23] di riconoscere il ricongiungimento familiare per le seguenti motivazioni: laddove i valori costituzionali di riferimento siano plurimi (come nel caso del ricongiungimento familiare in cui da una parte c’è l’esigenza di protezione dei minori e dall’altra la tutela democratica dei confini di Stato) potrà considerarsi adeguata solo quell’interpretazione della norma che abbia alla base un equo bilanciamento degli interessi in gioco: in questo caso la prevalenza è tendenzialmente per la protezione del minore straniero rispetto alla difesa del territorio per arginare l’immigrazione dal momento che tale interesse può comunque essere realizzato attraverso controlli interni del procedimento di autorizzazione. Rifiutare il visto, nelle parole dei giudici, significherebbe “penalizzare tutti i minori, di paesi arabi, illegittimi, orfani o comunque in stato di abbandono, per i quali la kafalah è l’unico istituto di protezione previsto dagli ordinamenti islamici”. Nella sentenza viene, infatti, ricordato come in tali ordinamenti vi siano particolari regole in tema di filiazione previste dal Corano derivanti soprattutto dal principio per cui sia illecito qualsiasi rapporto sessuale al di fuori del matrimonio. I figli naturali e quelli adottati, pertanto,  non sono veri figli, ma vi è comunque un dovere di fratellanza e solidarietà per qualsiasi minore (Sura 33 versetto 5) attraverso l’unico strumento previsto che è quello della kafalah. Viene descritta la dinamica dell’istituto che per la maggior parte delle volte è disposta con procedura giudiziale ricordando che ogni singolo Paese musulmano ha regolato la disciplina in maniera più o meno dettagliata.

Nel caso specifico del Marocco la disciplina è prevista a livello normativo nella legislazione speciale del dahir portant loi n.1-02-172 del 13 Giugno 2002, intitolato “prise en charge des enfants abandonnés”. Secondo il parere dei giudici: “Non si vede come possa pregiudizialmente escludersi, agli effetti del ricongiungimento familiare, l’equiparabilità della kafalah islamica all’affidamento”. Fuori dai casi in cui l’istituto sia esclusivamente negoziale in assenza di controlli effettivi dell’autorità “tra la Kafalah islamica e il modello dell’affidamento nazionale prevalgono, sulle differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti, a differenza dell’adozione, effetti legittimanti, e non incidendo, sia l’uno che l’altro, sullo stato civile del minore; ed essendo anzi la Kafalah, più dell’affidamento, vicina all’adozione, in quanto, mentre l’affidamento ha natura essenzialmente provvisoria, essa (ancorché ne sia ammessa la revoca) si prolunga tendenzialmente fino alla maggior età dell’affidato.

Si tratta di una nuova lettura dell’istituto di diritto islamico che, però, sino ad allora trovava applicazione solo per minori affidati in kafalah a cittadini non italiani, ulteriore pietra miliare nel percorso di riconoscimento della kafalah è fornita dalla Cassazione da ulteriori letture delle disposizioni vigenti alla luce del best interest minorile. Si che si riconosce per la prima volta il principio secondo la quale non può essere rifiutato il nulla osta all’ingresso nel territorio nazionale, per ricongiungimento familiare, di un minore affidato in kafalah a un cittadino italiano sulla base di una pronuncia giudiziale straniera, qualora il minore abbia vissuto con il cittadino italiano o sia stato a suo carico nel paese di origine ovvero per motivi di salute debba da questi essere personalmente assistito.

 Proprio per garantire la massima tutela del minore e soprattutto l’applicazione del best interest la nostra Suprema Corte a sezioni unite a dichiarato “…Non può essere rifiutato il nulla osta all’ingresso nel territorio nazionale, per ricongiungimento familiare, richiesto nell’interesse del minore cittadino extracomunitario, affidato a cittadino italiano residente in Italia con provvedimento di kafalah pronunciato dal giudice straniero, nel caso in cui il minore stesso sia a carico o conviva nel paese di provenienza con il cittadino italiano, ovvero gravi motivi di salute impongano che debba essere da questi personalmente assistito…”[24]. La Suprema Corte ha fatto emergere che l’esclusione del ricongiungimento del cittadino italiano con minore extracomunitario avrebbe condotto ad una illegittimità costituzionale per la disparità di trattamento dei minori stranieri richiedenti protezioni e cure.

Orbene, il minore straniero affidato in kafalah, di sicuro non potrà acquisire lo status discendente sia per ciò che attiene il profilo biologico sia per il profilo giuridico dell’adozione in senso stretto, ma sicuramente può essere ricompreso nella cerchia della parentela (intesa quale vicinanza familiare), ed è tale espediente che diventa strumento per il cittadino italiano della richiesta per la concessione del ricongiungimento[25].

Da ultimo una interessantissima sentenza della Suprema Corte del 02.02.2015, n. 1842, con la quale viene meno l’ultimo ostacolo che si frapponeva al completo riconoscimento della kafalah quale presupposto per il ricongiungimento. L’arret evidenzia che poiché la funzione dell’istituto è quella di protezione minorile, come peraltro dichiarato dalla medesima Convenzione di New York, la valutazione circa la possibilità di consentire al minore l’ingresso in Italia ed il ricongiungimento con l’affidatario non può essere esclusa aprioristicamente solo in considerazione della natura negoziale della costituzione della kafalah, ma deve essere effettuata caso per caso in considerazione del superiore interesse del minore[26].



[1] L’etimologia del termine Kafalah in arabo classico assume due diversi significati, da un lato quello di garanzia (damān) vocabolo impiegato in ambito contrattuale e commerciale, dall’altro quello di prendersi cura  (dalla radice del verbo ka-fala) utilizzato nell’ambito degli istituti di protezione dei minori abbandonati.

[2] Cfr. Cass. Civ. 21395/05, Trib. Minori Trento del 05.03.2002 , Corte appello Bari 16.04.2004.

[3] Maometto, Invictus Editore, sura 33 vv. 4-5 e 37:

 “4. Allah non ha posto due cuori nel petto di nessun uomo, né ha fatto vostre madri le spose che paragonate alla schiena delle vostre madri, e neppure ha fatto vostri figli i figli adottivi.* Tutte queste non son altro che parole delle vostre bocche; invece Allah dice la verità, è Lui che guida sulla [retta] via.

*[Il versetto si riferisce ad una particolare forma di divorzio diffusa presso gli arabi al tempo del Profeta (pace e benedizioni su di lui) il “dhahr” (schiena). Il marito che voleva divorziare diceva alla moglie: “che tu sia per me come la schiena di mia madre” (cioè intoccabile). Il Corano condanna questa pratica che metteva la donna nella condizione di non poter avere rapporti con il marito, senza però lasciarla libera di disporre di sé e contrarre un altro matrimonio. Anche per quello che riguarda i figli adottivi, il Corano precisa che non possono essere considerati figli a pieno titolo. In particolare si ricorda il caso di Zaid ibn Hâritha che fu adottato dall’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) e che la gente chiamava Zayd ibn Muhammad. Dopo la rivelazione di questo versetto, la cui pregnanza, relativamente al caso di Zaid, viene ribadita dal vers. 40, fu ben chiara la volontà di Allah a questo proposito]

5. Date loro il nome dei loro padri: ciò è più giusto davanti ad Allah. Ma se non conoscete i loro padri siano allora vostri fratelli nella religione e vostri protetti. Non ci sarà colpa per voi per ciò che fate inavvertitamente, ma per quello che i vostri cuori fanno volontariamente. Allah è perdonatore, misericordioso.

37. [Ricorda] quando dicevi a colui che Allah aveva gradito e che tu stesso avevi favorito: “Tieni per te la tua sposa e temi Allah”, mentre nel tuo cuore tenevi celato quel che Allah avrebbe reso pubblico. Temevi gli uomini, mentre Allah ha più diritto ad essere temuto. Quando poi Zayd non ebbe più relazione con lei, te l’abbiamo data in sposa, cosicché non ci fosse più, per i credenti, alcun impedimento verso le spose dei figli adottivi, quando essi non abbiano più alcuna relazione con loro. L’ordine di Allah deve essere eseguito.

[4] J. LONG, Ordinamenti giuridici occidentali, kafalah e divieto di adozione: un’occasione per riflettere sull’adozione legittimante, in La nuova giurisprudenza civile commentata, Volume 2, 2003, p.175

[5] Ed in particolar modo con quello italiano che in seguito alla novella del 2012 ed al successive Decreto attuativo D.lgs 28 dicembre 2013, n. 154 ha introdotto l’unicità dello status di figlio. Cfr. Ferranti D., Superamento della discriminazione formale a cerico dei figli nati fuori dal matrimonio, in Filiazione Commento al Decreto attuativo, Milano, 2014, pag. 1.

[6] I caratteri dell’istituto possono qui essere descritti solo in linee generali e comuni ai diversi ordinamenti di diritto islamico ed assumono nei diversi Paesi sfumature diverse, v’è da aggiungere poi che ulteriori particolari caratteri della kafalah possono dipendere dall’inserimento o meno nella sua forma negoziale di cui si accennerà in seguito di peculiari previsioni.  Per una panoramica della diversa disciplina della Kafalah adottata negli ordinamenti dell’area mediterranea si rinvia a CILARDO A., Il minore nel diritto islamico. Il nuovo istituto della kafalah, in ID. ( a cura di ), La tutela dei minori di cultura islamica nell’area mediterranea.

[7] ORLANDI M., La kafalah islamica e la sua riconoscibilità quale adozione, in Dir. Famiglia, 2005, pp 2, 635.

[8]Unlike the Euro-American understanding of plain adoption as creating family, Kafalah does not automatically imply the living of the person taken into kafalah with those who offer the kafalah, fori t may enact only a select number of provisions, such as a financisal prtection, a moral or physical guardianship, or a combination of some of them. It is a gift of care, however one chooses to implement it.Amplius Bargach J., Orphans of islam: family, Abandonment, and Secret Adoption in Morocco, New York, 2002, pag. 29.

[9] Badrane K.. Il codice di famiglia in Marocco, ed. libreriauniversitaria.it, pag. 56.

[10] In questo senso si è espressa la Corte d’appello di Torino con  Decreto del 28 giugno 2007. “ Con l’affido etero familiare la kafalah condivide la funzione educativa tipica e la possibile temporaneità degli effetti, che nell’affido è connaturale, essendo quest’ultimo istituto di protezione finalizzto proprio al rientro del fanciullo nella famiglia di origine, mentre nella kafalah ciò è solo possibile, posto che, al contrario, vi è una tendenziale proiezione dei suoi effetti fino a che il minore non raggiunga la maggiore età … è ben vero che adozione e kafalah presentano marcate differenze, la prima essendo irretrattabile e munita di effetto legittimante, li dove la seconda può venir meno ed è incompatibile con l’interruzione del rapporto tra minore e genitori biologici.”

[11] La giurisprudenza è molteplice e di consolidato orientamento al riguardo si segnala Trib. min. Trento 11 marzo 2002, che, peraltro, ipotizza, stante la peculiare condizione del minore già presente sul territorio italiano il cui ritorno nel Paese di origine non sarebbe corrisposto al suo best interest, una maggiore attinenza della fattispecie all’adozione nei casi particolari. Al riguardo si rinvia alle interessanti considerazioni di GALOPPINI A., L’adozione del piccolo marocchino, ovvero gli scherzi dell’eurocentrismo; in Nuova giur. civ. comm., 2003, I, 149.

[12] L’art. 20 della Convenzione di New York prevede che ogni minore temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare abbia diritto ad una protezione e ad aiuti speciali, in particolare il comma terzo dell’articolo riconoscendo espressamente la kafalah recita: “Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo dell’affidamento familiare, della Kafalah di diritto islamico, dell’adozione o in caso di necessità, del collocamento in adeguati istituti per l’infanzia. Nell’effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell’educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica”. Amplius GELLI R., La Kafalah di diritto islamico: prospettive di riconoscimento nell’ordinamento Italiano, in Famiglia e diritto, n.1/2005, p.66

[13] Amplius Campiglio C., Il diritto di famiglia islamico nella prassi italiana, in rivista di diritto internazionale privato e processuale, XLIV, 1, pag. 70.

[14] Amplius Cesaro G.O., Lovati P., Mastrangelo G., La famiglia si trasforma. Status familiari costituiti all’estero e loro riconoscimento in Italia, tra ordine pubblico ed interesse del minore: Status familiari costituiti all’estero e loro riconoscimento in Italia, tra ordine pubblico ed interesse del minore, Milano, 2014, Pag. 39.

[15] Amlpius Di Francia, La condizione giuridica dello straniero in Italia nella giurisprudenza, Milano, 2006, pag. 405; Terraciano U, Il ricongiungimento familiare dello straniero in Italia: Diritto all’unità familiare e dei minori, Frosinone 2015; Sirianni G., Il diritto degli stranieri all’unità familiare, Milano, 2006, Aneschi A., Rapporti tra genitori e figli: profili di responsabilità, Milano, 2007, pag. 462.

[16] Il Servizio studi del Senato ha pubblicato uno studio sul Disegno di legge A.S. n. 1552-bis “Norme di adeguamento dell’ordinamento interno alla Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all’Aja il 19 ottobre 1996″ (disegno di legge) e, in particolare sulla scelta di stralciare dal disegno di legge di ratifica dell’indicata Convenzione, approvato l’11 giugno 2015 e in via di pubblicazione, le norme di adeguamento dell’ordinamento interno con riguardo alla kafalah, istituto presente in numerosi Paesi islamici.

[17] In una prima fase la giurisprudenza, attenendosi ad una lettura restrittiva e strettamente letterale del dato normativo, negava il ricongiungimento familiare dei minori in Kafalah poiché non la riteneva equiparabile alla adozione, affidamento o tutela. Cfr. Trib. Reggio Emilia 9 febbraio 2005, Dir. imm. e citt., 2005, 2, 183 ss.

[18] Cfr.  Trib. Firenze 9 novembre 2006, Quad. dir. e pol. ecclesiastica, 2007, 846; Trib. min. Reggio Calabria 10 ottobre 2006, Famiglia e minori, 2006, 2, 86;

[19] Ruo M.G., The best interest of the child nella giuriprudenza della Corte europea dei diritti dell’ uomo, in Minori e giustizia, 2001, III, pag. 39 e ss.; Moro A. C., Manuale di diritto minorile, Bologna, 2002, pag. 35 e ss; Quadri E., L’interesse del minore nel sistema della legge civile, in Fam. dir., 1999, pag. 80 e ss.

[20] Sulla dottrina di matrice anglo-americana che contrappone il carattere pragmatico dell’interesse di ogni singolo minore, teorizzando tanti interessi quanti sono i minori, in contrapposizione alla dottrina che vede nel best interest un bene astratto e generico dell’età minorile si rinvia a Stanzione M.G., Identità del figlio e diritto di conoscere le proprie origini, Torino, 2015, pag. 179, in particolare la nota 357; nonché Alston P., The best interests of the child: reconciling culture and human rights, Oxford, 1994; Freeman M., The Best Interest of the Child? In Family,  State and Law, I, Aldershot, 1999, pag. 11 e ss.

[21] Tribunale per i Minorenni di Bologna, Ordinanza del 10 novembre 2014. “…non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all’interesse del minore adottato il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio del caso abbia prodotto effetti in Italia (come per la fattispecie del matrimonio tra persone dello stesso sesso)

[22] In questo senso il Decreto del 4 dicembre 2013 con cui il Tribunale per i minorenni di Palermo per il quale l’omosessualità della coppia affidataria “può per ciò solo considerarsi ostativa all’affidamento eterofamiliare, tenuto conto, per un verso, dell’assenza nella normativa nazionale di una precisa disposizione al riguardo specificamente riferibile all’affido del minore che non versi in stato di abbandono, e, per altro verso, dell’ampio concetto di legame familiare quale elaborato – con esplicito richiamo alle unioni omosessuali – anche dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (24.6.2010, Schalk e Kopf c/ Austria), in aderenza ai dettami della Carta di Nizza, che impedisce le discriminazioni fondate sul sesso e sull’orientamento sessuale”.

[23]Cass. Civ. 3 Marzo 2008, n.7472, Cass. Civ. 2 Luglio 2008, n.18174, Cass. Civ. 17 Luglio 2008, n.19734.

[24]Suprema Corte di Cassazione Sezioni Unite Civili, Sent. n. 21108 del 16 Settembre 2013.

[25] Canaj E., Bana S.. Il diritto al ricongiungimento familiare e la sua tutela multilivello, Roma, 2014.  pag. 99

[26]Amplius Masi M., La Cassazione apre alla kafalah negoziale per garantire in concreto il best interest of the child, in La nuova giurisprudenza civile commentata, Anno XXXI, n. 7-8, pag. 707 e ss.

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