A cura dell’avv. stabilito Giulio La Barbiera
La tematica in oggetto si colloca, nel solco del principio della piena equiparazione tra i ” figli naturali ” ed i ” figli legittimi “, sancito con l’approvazione della Legge 10 dicembre 2012 n.° 219 ( all’articolo 315 c.c. ) e ribadito con il decreto legislativo 154/2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.º 5 dell’8 gennaio 2014 ).
Il decreto legislativo, per ultimo citato, sancisce, però, essenzialmente l’equiparazione dei figli sotto l’aspetto ereditario ed è proprio su tale aspetto che bisogna soffermarsi ai fini della presente disamina.
Ciò premesso e fermo restando l’indiscussa operatività della suindicata “equiparazione con riferimento all’asse ereditario “, in favore dei figli naturali così come anche nei confronti dei figli ” legittimi ” ( Cass. civ., Sez. II°, 2 febbraio 2011, n.º 2424; Cass. civ., Sez. IIº, 7 Aprile 1990, n.º 2923 ), va evidenziato che sotto l’aspetto del risarcimento dei danni non patrimoniali, risulta particolarmente interessante analizzare il caso in cui questi debbano essere risarciti dal genitore naturale che si è sempre dimostrato restio ad ottemperare ai propri doveri nei confronti del figlio naturale.
A tal proposito, va analizzata la sentenza emessa da Cass. civ. Sez VI-3, 16-2-2015, n.º 3079.
In tale pronuncia, gli Ermellini cristallizzano il principio secondo cui: ” Il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di una figlia naturale integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione – oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento – un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicchè tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell’illecito civile e legittima l’esercizio, ai sensi dell’art. 2059 cod.civ., di un’azione autonoma volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole “.
I Giudici del Supremo Consesso aggiungono ancora, con sentenza 5652/2012, che: ” non può dubitarsi, come il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio, manifestatosi per lunghi anni e connotato, quindi, dalla violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, determini un vulnus dalle conseguenze di entità rimarchevole ed anche, purtroppo, ineliminabili, a quei diritti che, scaturendo dal rapporto di filiazione,trovano nella carta costituzionale ( in part., artt. 2 e 30 ), e nelle norme di natura internazionale recepite dal nostro ordinamento, un elevato grado di riconoscimento e di tutela “.
Soffermandosi, dunque, su tali principi giurisprudenziali di impronta marcatamente garantistica tesi a proteggere la prole ( nata in costanza od al di fuori del matrimonio ( civile o concordatario ) o frutto di un rapporto more uxorio ), si nota che essi poggiano e sono un’esternazione del principio secondo cui: ” l’obbligo dei genitori di mantenere i figli ( artt. 147 e 148 c.c. ), sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsivoglia domanda, sicchè nell’ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo dell’altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita, il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori ” ( Cass. civ. Sez. I°, febbraio 2006 ).
Da ciò ne deriva, come espresso dai Giudici della Cassazione, all’interno della pronuncia sopra riportata, che: ” dal momento della sentenza di accertamento della filiazione naturale ” ( termine che designa inoltre il ” dies a quo “ della decadenza della prescrizione del diritto stesso ), il genitore naturale, dichiarato tale con provvedimento giudiziale ( su istanza diretto del figlio naturale che può proporre la domanda qualora sia maggiorenne, in quanto in grado di esprimere un consenso giuridicamente valido alla pari di tutti gli altri protagonisti della vicende ( genitori e gli altri figli ) come pacificamente ammesso in dottrina ), ” non può sottrarsi alla sua obbligazione nei confronti del figlio per la quota sottoposta a suo carico, ma è tenuto a provvedere sin dal momento della nascita, attesa la natura dichiarativa della pronuncia che accerta la filiazione naturale “.
In altre parole, mettendo in moto tale meccanismo giuridico, diviene possibile risarcire, a beneficio dell’altro coniuge e del figlio/a naturale, la lesione di un interesse costituzionalmente protetto quale scaturigine di una modificazione esistenziale negativa che non può restare priva di tutela ” sulla scorta di una lettura costituzionalmente orientata del sistema della responsabilità civile ” ( Cass. civ., sez. lav., 3 Luglio 2001, n.° 9009 ).
Ne deriva, sulla scorta di tale ultimo orientamento giurisprudenziale, che è riconosciuta, al di là di ogni dubbio, la facoltà al figlio naturale, divenuto maggiorenne, di richiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali nei confronti del genitore che si è volutamente disinteressato di ottemperare, nei suoi confronti, ai doveri sanciti agli articoli 147 e 148 c.c. .
Tale conclusione non potrebbe essere messa in crisi neanche facendo leva sull’orientamento giurisprudenziale ” negazionista ” in materia di danno esistenziale, in quanto i Giudici del Supremo Collegio, sostenitori del medesimo, pure avendo evidenziato che: ” la figura del danno esistenziale, per la sua genericità, non rientra nel novero dei danni non patrimoniali contemplati dell’art. 2059 c.c.”, non hanno osato non sussumere nell’alveo di tale categoria il ” danno da perdita di rapporto parentale, derivante da lesione di valori della persona umana costituzionalmente garantiti ” ( Cass. civ., sez. IIIº, 15 luglio 2005, n.° 15022 ).
Tale espressione ” danno da perdita di rapporto parentale “, dato il suo tenore letterale e facendo leva sul principio dell’analogia iuris, non può intendersi, in senso restrittivo, riferibile essenzialmente ai casi di danno biologico, danno morali terminale, danno tanatologico, e così via ( si leggano a titolo esemplificativo e non esaustivo: Cass. civ., sez. IIIº, 19 ottobre 2007, n.º 21976; Cass. civ., Sez. IIIº, sent. 27-4-2015, n.º 8475; Cass. civ., Sez. IIIº, 3-10-2013, n.º 22585; Cass. Civ., Sezioni Unite, sent. 11.11.2008 n.º 26972; Cass. Civ., sez. IIIº, sent. 18.9.2008, n.º 23846; Cass. Civ., Sez. IIIº, sent. 23.1.2014, n.º 1361 ), ma va esteso necessariamente ai casi di un rapporto genitoriale non giunto a maturazione in virtù del disinteresse dimostrato dal padre o dalla madre nei confronti del figlio/a naturale, poiché “ merita tutela risarcitoria – in quanto non riconosciuto/a dal padre ( o dalla madre ) il/la figlio/a naturale che figuri aver perduto, a causa del mancato apporto paterno ( o materno ), chance di realizzazione personale ” ( Corte App. Bologna 10 febbraio 2004 ).
Esemplificando: ” Il totale disinteresse del padre ( o della madre ) naturale rispetto ai bisogni del figlio ( o della figlia ) – dunque il mancato sostegno materiale, morale ed assistenziale, nei confronti di questo/a – è ipotesi pregiudizievole sotto il profilo esistenziale per i gravissimi risvolti negativi che tale comportamento omissivo ha sulla crescita personale e relazionale dello stesso ( o della stessa ) ” ( Trib.Venezia 16 giugno 2004 ).
Concludendo, giova evidenziare che tale orientamento, sviluppato in prima istanza dalla giurisprudenza di legittimità ed ampliato dalla giurisprudenza di merito come sin qui dimostrato, è stato definitivamente cristallizzato dagli Ermellini che sono giunti a sostenere la tesi secondo cui: ” il riconoscimento dei ” diritti della famiglia ” ( art. 29, primo comma, Cost. ) va inteso non già restrittivamente, come tutela delle estrinsecazioni della persona nell’ambito esclusivo di quel nucleo, con una proiezione di carattere meramente interno, ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione della vita stessa dell’individuo alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto personale ispira, generando bensì bisogni e doveri, ma dando anche luogo a gratificazioni, supporti, affrancazioni e significati “.
Ne deriva che nel caso in cui ” il fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto, provocando una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri ed una determinante riduzione, se non annullamento, della positività che dal rapporto parentale derivano, il danno non patrimoniale consiste nello sconvolgimento delle abitudini di vita ( dell’altro genitore e del figlio/a naturale privato ingiustamente del rapporto parentale ) deve senz’altro trovare ristoro nell’ambito della tutela ulteriore apprestata dall’art. 2059 in caso di lesione di un interesse della persona costituzionalmente protetto” ( Cassazione Civile, sez. IIIº, 31 maggio 2003, nº. 8827 ).
Bibliografia
1) Casi e soluzioni schematiche di Diritto Civile 100 Tracce – 100 Soluzioni – Con le massime giurisprudenziali – Esame avvocato 2015 di Luigi Viola;
2) Codici civile e penale – Annotati con la giurisprudenza – Per l’Esame di avvocato 2013 di Luigi Tramontano – Casa Editrice Cedam;
3) Equiparazione di figli legittimi e naturali: gli effetti successori ( ventiquattrore avvocato ( ilsole240re ) – Sito Internet: Studio Saija – Studio legale e notarile in Roma e Messina
4) Il Sole24 Ore – sez. Norme e Tributi – giovedi 19 Novembre 2015 Aggiornato alle 12:01 – Articolo: La Nuova Legge – L’equiparazione dei figli;
5) L’indagine di paternità: inquadramento normativo, premesse scientifiche e riflessioni etico-deontologiche nel caso di richiesta avanzata dai privati. Dir. famiglia 2008,03,1613 ( Luciana Caenazzo, Alessia Comacchio, Paola Benciolini – Ricercatore- Università Degli Studi di Padova).