Il principio di non discriminazione e divieto di limitazioni di accesso al mercato “ratione loci”
Consiglio di Stato, sezione Quinta,Sentenza del 13/06/2012 n. 3469.
Nota a sentenza a cura di Palma Vivenzio
Massima
E’ in contrasto con i principi comunitari in tema di tutela della concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi la scelta del Comune di limitare la partecipazione alla gara per l’aggiudicazione di un incarico di progettazione, esecuzione e direzione dei lavori ai soli professionisti locali, quando tale scelta non sia supportata da un’indagine volta all’individuazione delle professionalità più qualificate con riguardo all’oggetto della procedura.
Il principio di non discriminazione impone che tutti i potenziali offerenti siano posti in condizioni di uguaglianza e non consente limitazioni di accesso al mercato “ratione loci”.
Sintesi del caso
Il giudizio ha ad oggetto l’impugnazione degli atti di gara, indetta ai sensi dell’art. 91 del D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163, dal Comune di Tito, per l’aggiudicazione di un incarico di progettazione, esecuzione e direzione dei lavori per la costruzione di una struttura polifunzionale d’interesse comprensoriale destinata ad attività sportive e ricreative
La stazione appaltante esperiva la procedura negoziata senza bando di gara mediante un invito rivolto solamente ai professionisti operanti nel territorio comunale, ad eccezione di una associazione temporanea di professionisti (poi risultata l’effettiva aggiudicataria).Il Tribunale amministrativo regionale accoglieva l’impugnazione proposta da 3 Ordini di categoria della Provincia di riferimento (Ordine degli Ingegneri, Ordine degli Architetti e Ordine dei Geologi) contro gli atti di gara – e il conseguente provvedimento di aggiudicazione .
Proponeva appello il Comune, al quale si opponevano gli Ordini ricorrenti in primo grado.
L’appellante sosteneva in primo luogo il difetto di legittimazione degli Ordini professionali in ragione del contrasto sussistente tra gli interessi degli iscritti invitati alla procedura di selezione del contraente e gli interessi degli altri professionisti rappresentati; in secondo luogo
deduceva la violazione e falsa applicazione degli articoli 57 e 91 del codice dei contratti i pubblici in una con il vulnus ai principi comunitari di non discriminazione, di parità di trattamento e trasparenza.
La Sezione V del Consiglio di Stato rigettava l’appello, confermando integralmente la sentenza gravata e disponeva la compensazione delle spese di lite.
Quaestio Juris.
La questione verte intorno a due punti fondamentali:
– il difetto di legittimazione degli Ordini professionali in ragione del contrasto sussistente tra gli interessi degli iscritti invitati alla procedura di selezione del contraente e gli interessi degli altri professionisti rappresentati;
– la violazione e falsa applicazione degli articoli 57 e 91, del codice dei contratti i pubblici e dei principi comunitari di non discriminazione, di parità di trattamento e trasparenza.
In relazione al primo punto, la Sezione richiama la pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 3 giugno 2011, che ha riconosciuto la legittimazione dell’ Ordine quando l’interesse fatto valere sia quello all’osservanza di prescrizioni a garanzia della par condicio dei partecipanti, nonostante che in fatto dalla procedura selettiva sia stato avvantaggiato un singolo professionista.
A giudizio della sezione, il conflitto va verificato in relazione all’ “interesse istituzionalizzato, con la conseguenza che l’Ordine è legittimato a reagire avverso i provvedimenti lesivi dell’interesse della collettività senza che assuma rilievo il vantaggio tratto dagli specifici professionisti iscritti.
La V Sezione del Consiglio di Stato rigetta anche il secondo motivo di gravame, in quanto la scelta di limitare la partecipazione ai professionisti locali, non supportata da un’indagine volta a verificare le professionalità più qualificate con riguardo all’oggetto della procedura, si è sostanziata in una limitazione aprioristica ratione loci in contrasto con i principi comunitari in tema di tutela della concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
Normativa applicabile
– Articoli 57 e 91, del D. Lgs. 163/2006
– Articolo 2, del del D. Lgs. 163/2006.
– Principio di non discriminazione.
Nota esplicativa
La disciplina europea ha inciso fortemente sull’ampiezza e sui limiti dell’azione amministrativa soprattutto in ambito contrattuale ed è grazie al diritto comunitario che procedure volte alla regolarizzazione in chiave alla scelta del contraente hanno visto espandersi il proprio ambito di applicazione.
Il settore degli appalti pubblici svolge un ruolo importante nei risultati economici globali dell’Unione europea. L’attuale generazione di direttive ( 2004/17/CE e 2004/18/CE) rappresenta il prodotto di un lungo processo avviato nel 1971 con l’adozione della direttiva 71/305/CEE. Garantendo procedure trasparenti e non discriminatorie, tali direttive mirano principalmente ad assicurare agli operatori economici il pieno godimento delle libertà fondamentali nella concorrenza.
Al fine del recepimento della normativa comunitaria, la complessa disciplina in materia è stata ricondotta ad unità con l’emanazione del D. Lgs. 163/2006, adottato in sede di esecuzione della legge comunitaria n. 62, del 2005.
L’articolo 2 del decreto de quo, individua i principi ai quali fare riferimento in materia, che sono quelli di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità. Tali principi vengono richiamati in relazione alle specifiche modalità di affidamento agli articoli 57 e 91, del relativo Codice.
L’art. 91, co. 2, del D.Lgs. n.163/2006 chiarisce ulteriormente che“gli incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo…di importo inferiore alla soglia di cui al comma 1 possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento…nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura prevista dall’articolo 57, comma 6;
L’art. 57, co. 6 del Codice ancora dispone che “ove possibile, la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico finanziaria e tecnico organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza…
Ciò posto, il legislatore nazionale ha eliminato la possibilità dell’affidamento diretto su base fiduciaria, facendo espresso richiamo all’obbligo da parte delle stazioni appaltanti del rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza.
L’interna disciplina sembra dunque improntata , oltre che sulla “funzionalizzazione”dell’attività della P.A. al perseguimento degli interessi pubblici, sulla garanzia del rispetto dei principi comunitari, posti a tutela dell’affermazione di un mercato comune libero da restrizioni discriminatorie
Ciò posto,anche nell’ambito di una procedura negoziata, la scelta deve essere orientata all’individuazione del “miglior contraente” possibile sotto il profilo qualitativo ed economico, nonché alla tutela della libertà di concorrenza tra tutte le imprese del settore potenzialmente interessate a partecipare alla gara per l’aggiudicazione dell’incarico.
Il criterio della territorialità qui utilizzato nella scelta del contraente,oltre a palesarsi come inidoneo alla realizzazione dell’interesse cui tende la norma, si pone,come affermato dal Consiglio di Stato, in netta ed ingiustificata contrapposizione con il divieto di non discriminazione (che si esplica nell’obbligo di tutela della concorrenza, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi), soprattutto alla luce del fatto che la scelta di limitare la partecipazione ai professionisti locali non appaia essere stata preceduta da un’indagine di mercato rivolta all’individuazione delle professionalità più qualificate con riferimento all’oggetto della procedura.
Sentenza
N. 03469/2012REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7407 del 2011, proposto da:
Comune di Tito, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Laviani e Luigi Cameriero, con domicilio eletto presso Bruno Sassani in Roma, via XX Settembre n. 3;
contro
Ordine Ingegneri della Provincia di Potenza, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Potenza, Ordine dei Geologi della Provincia di Potenza, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avv. Vincenzo Savino, con domicilio eletto presso Arturo Cancrini in Roma, via G. Mercalli, 13;
nei confronti di
Ianniciello Luigi in proprio e quale capogruppo mandatario dell’associazione temporanea di imprese costituita con Gliubizzi Tonino, Carneo Filomena, Garofalo Immacolata, Pagliuca Nunzio, Paciello Sergio Orlando, Lima Carmine, Aurellio Christian, Parisi Serena e Cerone Felice;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. BASILICATA – POTENZA: SEZIONE I, n. 00352/2011 begin_of_the_skype_highlighting 00352/2011 end_of_the_skype_highlighting, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO INCARICO DI PROGETTAZIONE, ESECUZIONE E DIREZIONE LAVORI PER LA COSTRUZIONE DI UNA STRUTTURA POLIFUNZIONALE DI INTERESSE COMPRENSORIALE DESTINATA AD ATTIVITA’ SPORTIVE E RICREATIVE.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ Ordine Ingegneri della Provincia di Potenza, dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Potenza e dell’Ordine dei Geologi della Provincia di Potenza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 aprile 2012 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Bruno Sassani, su delega degli avv.ti Francesco Laviani e Luigi Cameriero, e Vincenzo Savino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Il giudizio verte sugli atti con i quali il Comune di Tito ha affidato, mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando, indetta ai sensi dell’art. 91 del D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163, l’incarico di progettazione, esecuzione e direzione dei lavori per la costruzione di una struttura polifunzionale d’interesse comprensoriale destinata ad attività sportive e ricreative, procedura culminata nell’aggiudicazione in favore dell’A.T.P. guidato dall’Ing. Ianniciello Luigi.
Con la sentenza di prime cure il Tribunale, ai fini che in questa sede rilevano, ha accolto il ricorso proposto avvero gli atti della procedura in esame dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Potenza, dall’Ordine degli Architetti pianificatori paesaggistici e Conservatori della Provincia di Potenza e dall’Ordine dei Geologi della Provincia di Potenza.
Il Comune di Tito appella contestando gli argomenti posti a fondamento del decisum di prime cure.
Resistono gli Ordini ricorrenti in primo grado.
Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.
2. L’appello è infondato.
2.1.Non coglie nel segno la prima censura volta a dedurre il difetto di legittimazione degli Ordini professionali in ragione del contrasto sussistente tra gli interessi degli iscritti invitati alla procedura di selezione del contraente e gli interessi degli altri professionisti rappresentati.
Ad avviso della Sezione la ricorrenza di tale supposto conflitto va verificata in relazione all’interesse istituzionale astrattamente perseguito, con la conseguenza che l’ente esponenziale, chiamato alla tutela dell’interesse collettivo inscindibilmente traguardato e non alla sostituzione processuale dei singoli portatori degli interessi individuali, è legittimato a reagire avverso i provvedimenti lesivi dell’interesse della collettività senza che assuma rilievo il vantaggio tratto dagli specifici professionisti iscritti.
Merita condivisione, al riguardo, la pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 3 giugno 2011, che ha riconosciuto la legittimazione dell’ Ordine in caso di conflitto tra l’interesse istituzionale leso dall’atto ed il beneficio contingente ricavato dai singoli professionisti.
In questa prospettiva è stata riconosciuta la legittimazione degli Ordini ad impugnare gli atti delle procedure di evidenza pubblica quando l’interesse fatto valere sia quello all’osservanza di prescrizioni a garanzia della par condicio dei partecipanti, nonostante che in fatto dalla procedura selettiva sia stato avvantaggiato un singolo professionista.
Ad avviso dell’Adunanza è appunto all’ “interesse istituzionalizzato” che occorre far riferimento.
Difatti, “non può negarsi che fra gli interessi istituzionali dell’Ordine vi è anche quello di assicurare il pieno aspetto della par condicio nell’esercizio dell’attività professionale, e quindi non può neanche negarsi la legittimazione a far valere in giudizio tale interesse anche nei confronti di iscritti che si ritiene possano operare professionalmente in dispregio di tale principio di parità”.
Detta linea argomentativa si sposa con il rilievo dottrinale secondo cui l’interesse collettivo non s’identifica nella sommatoria degli interessi individuali degli associati ma si compendia nella sintesi degli stessi in un interesse collettivo qualitativamente diverso da quelli dei singoli. Ne deriva l’insussistenza di alcuna incompatibilità, logica e giuridica, tra lesione dell’interesse astratto della collettività e beneficio arrecato all’interesse individuale.
Applicando dette coordinate ermeneutiche al caso di specie si deve concludere nel senso della legittimazione degli Ordini a reagire avverso provvedimenti lesivi dell’interesse istituzionale degli enti esponenziali a garantire la par condicio, il favor partecipationis e il superamento di misure limitative della concorrenza, senza che assumano rilievo, in senso ostativo, i vantaggi tratti dai singoli professionisti per effetto dell’adozione di atti lesivi di detti valori.
2.2. E’ infondato anche il secondo motivo d’appello con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 57 e 91 del codice dei contratti i pubblici in una con il vulnus ai principi comunitari di non discriminazione, di parità di trattamento e trasparenza.
La Sezione condivide l’assunto, che sorregge la sentenza gravata, secondo cui deve ritenersi illegittimo il criterio seguito dal Comune di Tito nel procedere all’invito alla procedura negoziata dei soli professionisti operanti nel territorio comunale, con l’unica eccezione dell’A.T.P. dell’Ing. Iannicello.
Il Consiglio conviene, in particolare, che il principio di non discriminazione impone che tutti i potenziali offerenti siano posti in condizioni di eguaglianza e non consente, quindi, limitazioni di accesso al mercato “ratione loci”, ovvero in ragione dell’ubicazione della sede in un determinato territorio.
La scelta di limitare la partecipazione ai professionisti locali, non supportata da un’indagine volta a verificare le professionalità più qualificate con riguardo all’oggetto della proceduta, si è, in definitiva, sostanziata in una limitazione territoriale aprioristica in contrasto con i principi comunitari in tema di tutela della concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
La valorizzazione di detto dato territoriale costituisce, quindi, una barriera di accesso in contrasto con i principi comunitari volti a garantire l’affermazione di un mercato comune libero da restrizioni discriminatorie collegate alla nazionalità o alla sede formale.
Merita adesione anche l’ulteriore affermazione svolta dal primo Giudice secondo cui si appalesa censurabile, nella prospettiva fin qui tracciata, anche il criterio seguito dal Comune in sede di invito dell’ATP Ing. Iannicello, in quanto la mera partecipazione, da parte di tale associazione, alla procedura aperta precedentemente avviata non assolve, ex se, ad alcuna apprezzabile funzione identificativa di specifica idoneità, esperienza, capacità economica e qualificazione tecnico-organizzativa desumibile dal mercato.
2.3. Va infine respinto il terzo motivo d’appello volto a censurare il capo della sentenza relativo alla liquidazione delle spese di giudizio, avendo il Tribunale applicato la regola della soccombenza nell’esercizio di una discrezionalità non inficiata da profili di illegittimità.
3. La sentenza gravata merita, quindi, integrale conferma.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese relative al presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/06/2012