imagesA cura del dott. Marco Fazio

I concetti di proprietà, possesso e detenzione sono utilizzati spesso con troppa disinvoltura. Questo breve approfondimento vuole proporsi, da una parte, come uno strumento, utile per il cittadino, ai fini della distinzione giuridica che connota le tre situazioni ed inoltre, dall’altra, è rivolto agli studiosi del diritto, universitari ma anche e soprattutto giovani laureati, come un incentivo verso l’approfondimento di nozioni che si reputano scontate, quando invece lo sono solamente in apparenza.

Secondo il modestissimo parere di chi scrive è proprio la curiosità rispetto ai concetti più elementari, base del nostro ordinamento, che permetterà l’upgrade ad un livello di conoscenza più maturo e consapevole.

Venendo ora al tema di questa sintetica trattazione, occorre, in primo luogo, concentrarsi su un’importante verità e cioè che la proprietà rappresenti uno stato di diritto, mentre il possesso e la detenzione siano due stati di fatto.

Il nostro Codice Civile, infatti, all’art. 832 contempla espressamente la proprietà come il diritto, principe tra quelli reali, che attribuisce al suo titolare una signoria piena ed esclusiva sul bene che ne è oggetto. La proprietà è quindi un vero e proprio diritto soggettivo, che permette al suo titolare di esercitare una posizione giuridicamente di vantaggio rispetto alla generalità dei consociati. Questo è fortemente in linea con la caratteristica dei diritti reali come assoluti, rispetto ai quali il soggetto passivo del rapporto giuridico si troverà in una situazione di dovere e non di obbligo, come colui sul quale gravi un’obbligazione.

Il diritto di proprietà non solo è riconosciuto come tale dalla Legge Civile, ma è ancor prima tutelato dalla Costituzione all’art. 42, laddove, al II comma, si dice che: “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.

L’importanza della proprietà, quale diritto fondamentale per la società, è desumibile dalla previsione di cui all’art. 948 C.C., III terzo comma, in base al quale l’azione di rivendicazione[1] è imprescrittibile: se ne deduce che lo stesso diritto non può essere soggetto a prescrizione, in quanto la piena disponibilità del bene in termini di gestione e godimento si può manifestare legittimamente anche attraverso il non uso.

Una volta chiarita la natura giuridica della proprietà, è bene chiarire che cosa siano in concreto il possesso e la detenzione e, in questo senso, l’art. 1140 del Codice Civile è fondamentale per avviare la discussione: “il possesso è il potere di fatto sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”.

Possesso e detenzione sono concordemente definiti dalla dottrina come stati di fatto giuridicamente tutelati, in quanto, anche se non integranti la fattispecie del diritto soggettivo, questo non vuol dire che non siano produttivi di effetti e protetti dall’ordinamento. In particolare, la tutela delle situazioni possessorie è offerta dall’azione di spoglio o di reintegrazione, dall’azione di manutenzione e dalle denunce di nuova opera e di danno temuto (le cosiddette azioni nunciative)[2].

Per citare un effetto importante, invece, è noto come il possesso prolungato nel tempo costituisca valido titolo per l’acquisto del diritto di proprietà: si parla propriamente di usucapione o di prescrizione acquisitiva[3].

Perché si possa discutere di possesso, piuttosto che di detenzione, è necessaria la presenza di due requisiti, uno oggettivo e un altro soggettivo: il primo altro non è che l’oggetto materiale, il corpus, sul quale viene esercitata la situazione possessoria; il secondo requisito, invece è rappresentato da ciò che i latini chiamavano animus, cioè l’intenzione con la quale la cosa viene tenuta.

Ora, ai fini della distinzione, mentre l’elemento oggettivo resta sostanzialmente invariato, ciò che muta è l’elemento soggettivo. Il possessore è colui che tiene la cosa presso di sé come se ne fosse il proprietario (e nella maggior parte dei casi lo è veramente), o comunque come se avesse la titolarità di un diritto reale gravante su di essa, il detentore, invece, tiene la cosa presso di sé, ma riconoscendo che il suo rapporto con essa è limitato dall’altrui diritto.

È importante ricordare che perché si integri la fattispecie del possesso non è necessaria la relazione di fatto con la cosa, che invece è determinante perché si possa parlare di detenzione. Se per esempio andassi in libreria e comprassi un libro, la proprietà, il possesso e la detenzione di questo coinciderebbero tutte nella mia persona: sarei proprietario del libro perché lo avrei acquistato, ne avrei il possesso perché la disponibilità del bene acquistato rientrerebbe nella mia sfera di controllo e ne avrei parimenti la detenzione perché materialmente l’oggetto sarebbe con me.

Un ulteriore esempio può essere d’aiuto. Supponiamo che Tizio sia proprietario di un’auto d’epoca che tiene parcheggiata nel garage di casa sua. Finché egli rimane in casa vale, per le stesse ragioni, il discorso fatto nell’esempio precedente. Se lui, però, partisse per un viaggio, il discorso cambierebbe: Tizio resterebbe proprietario dell’auto, non ne sarebbe più detentore (perché non ha materialmente la macchina con sé) ma continuerebbe ad esserne possessore. Questo perché egli avrebbe ugualmente la disponibilità del bene, nonostante la lontananza; se decidesse di vendere l’auto potrebbe farlo benissimo anche mentre si trova altrove in vacanza.

Le due ipotesi considerate fanno riferimento al cosiddetto possesso legittimo, dove cioè la situazione di fatto coincide con quella di diritto: io ho il possesso del libro ma ne sono anche il proprietario e così Tizio per quanto riguarda la sua auto d’epoca.

Il possesso, però, può anche essere illegittimo. Ciò accade quando si realizzi una situazione diametralmente opposta, si pensi all’esempio classico del ladro possessore di una moto rubata.

L’articolo 1140, II comma del Codice Civile conclude: “Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”.

L’ultima ipotesi di possesso che è fondamentale conoscere è quella di possesso mediato che è, per intenderci, quella tipicamente realizzata dalla stipula di un contratto di locazione: il proprietario locatore dell’immobile ne ha il giuridico possesso, tuttavia la materiale disponibilità del bene è in capo al locatario conduttore che ne gode secondo la ratio del contratto di locazione.

La detenzione è dunque il rapporto materiale con la cosa che può manifestarsi secondo una duplice natura: può essere qualificata da un titolo che la giustifichi, come un contratto, rifacendoci all’esempio di poc’anzi, oppure può essere non qualificata, per motivi di semplice cortesia, servizio o lavoro.

Nel primo caso, al detentore qualificato è riconosciuta una tutela maggiore, testimoniata dal fatto che la legge gli riconosca la legittimazione attiva, da condividere con il proprietario possessore, nell’azione di spoglio[4]; questo perché la detenzione qualificata “ha titolo in un diritto personale di godimento del bene o in altro titolo che attribuisce un potere di gestione della cosa in nome altrui[5].” Nel secondo, al detentore non qualificato non spetta alcuna protezione, dato che “semplicemente mantiene la res a disposizione del possessore, che ne può ordinare la restituzione in qualunque momento[6]”.

Concludo questa mia breve riflessione con un paio di quesiti, a cui da ultimo la dottrina si è proposta di rispondere e su cui, purtroppo, non esiste ancora alcuna pronuncia giurisprudenziale: alla luce di quanto abbiamo appena detto in tema di possesso e detenzione, può esistere, al pari del possesso mediato, anche una detenzione mediata? Come, cioè, deve essere qualificata la situazione di colui che sia locatario di un appartamento e decidesse, ad un certo punto, di sublocarlo? Se il conduttore sublocatario venisse privato della materiale disponibilità dell’immobile, chi sarebbe legittimato nell’azione di spoglio?

 BIBLIOGRAFIA

 CERVELLI Stefania, I diritti reali, Giuffrè Editore, Terza edizione, Milano, 2014



[1] Per l’azione di rivendicazione e per le altre azioni reali si rinvia al Libro III, Titolo II, Capo IV del Codice Civile.

[2] Le disposizioni inerenti alla tutela delle situazioni possessorie sono reperibili all’interno del Codice Civile, Libro III, Titolo VIII, Capo III – “Delle azioni a difesa del possesso”.

[3] Le disposizioni in materia di usucapione sono reperibili all’interno del Codice Civile, Libro III, Titolo VIII, Capo II, Sez. III – “Dell’usucapione”.

[4] Cfr. Cass. Civ. Sez. II, 5314/98.

[5] Cit. Stefania Cervelli, I diritti reali, Giuffrè Editore, Terza edizione, Milano, 2014.

[6] Cit. Stefania Cervelli, I diritti reali, Giuffrè Editore, Terza edizione, Milano, 2014.

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