anelliCommento a Cass, Ord. N. 19345 del 29/09/2016

A cura della Dott.ssa Loredana Ionchese

“L’instaurazione di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore e il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale fa venire meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, cosicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso.”

Con l’ordinanza n. 19345/2016 la Suprema Corte di Cassazione ha affermato incisivamente che, qualora l’ex moglie intraprenda una nuova relazione, con conseguente convivenza more uxorio, tale situazione di fatto comporta la definitiva revoca della corresponsione dell’assegno divorzile a carico del precedente coniuge.

L’istituto giuridico. Come stabilito dall’art. 5 co.6 della l. 898/1970 (comunemente conosciuta come legge sul divorzio),  “il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.”

Tale assegno è appunto definito divorzile per differenziarlo dall’assegno di mantenimento, corrisposto invece a seguito della separazione: quest’ultimo è necessario a causa del dovere di solidarietà materiale e morale stabilito dalla legge a carico degli sposi, dal momento che, con la separazione, il vincolo matrimoniale non viene sciolto, ma solo sospeso, mentre l’assegno divorzile ha valore assistenziale, ossia permette al coniuge privo dei mezzi di adeguarsi alle nuove condizioni di vita che derivano alla disgregazione del nucleo familiare, consentendogli dunque di mantenere lo stesso tenore di vita avuto in costanza di matrimonio.

La legge sul divorzio prevede che tale assegno sia revocato qualora l’altro coniuge passi a nuove nozze ( art. 5 co.10) ma nulla statuisce circa l’ipotesi di una nuova convivenza more uxorio.

Il caso. Nel caso de quo, una donna di Latina aveva adito al Supremo Collegio avverso una sentenza della Corte d’Appello che le negava il diritto alla corresponsione dell’assegno divorzile a carico dell’(ormai) ex coniuge, in quanto la donna aveva instaurato un rapporto di convivenza more uxorio con altra persona.

Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso, in quanto la formazione di una famiglia di fatto, così come tutelata dall’art. 2 della Costituzione in quanto formazione sociale stabile e duratura è espressione di una scelta ponderata e consapevole dell’individuo, il quale si assume tutte le responsabilità conseguenti alla sua decisione.

In questo senso, la ex moglie, decidendo di andare a convivere con un nuovo compagno, ha consapevolmente scelto di abbandonare “il tenore di vita” che aveva col precedente coniuge, per crearne un altro con una nuova persona.

Così affermando, la Corte esime definitivamente l’onere di solidarietà post-matrimoniale dell’altro coniuge, il quale risulta definitivamente “liberato” da qualsiasi obbligo di corresponsione.

A nulla varrà l’eventuale conclusione del rapporto di convivenza per la reviviscenza del beneficio assistenziale, in quanto, una volta scelta la convivenza, si sceglie un nuovo tenore di vita, con conseguente abbandono di qualsivoglia rapporto con la situazione di fatto precedente.

Tale ordinanza si incardina perfettamente nella giurisprudenza di legittimità già formatasi in precedenza, per cui una convivenza revoca il diritto all’assegno divorzile ( come analizzato diffusamente e incisivamente in Cass. civ. sezione 1^ n. 6855 del 3 aprile 2015 e sez. 6^ – 1 n. 2466 del febbraio 2016).

La ratio di tale orientamento appare evidente: il coniuge onerato alla corresponsione dell’assegno divorzile non può farsene carico a fronte di una mutata situazione di fatto, espressamente voluta e stabilita dal coniuge beneficiario.

Se così non fosse, l’assegno perderebbe la sua chiara funzione assistenziale, assumendo invece quasi il valore di un vitalizio, avvantaggiando irragionevolmente il coniuge che in realtà, decidendo di convivere, ha chiaramente voluto separarsi dal “tenore di vita” instauratosi col precedente matrimonio, per determinarne un altro.

In conclusione, tale pronuncia segna un ulteriore importante tassello nella sempre più monolitica giurisprudenza a tutela non solo ( e, in questo caso, non tanto) del coniuge meno abbiente al mantenimento del tenore di vita precedente, ma anche e soprattutto del coniuge onerato, che non puo’ esser costretto a corrispondere un assegno in ragione proprio dello stesso “tenore di vita” consapevolmente abbandonato per effetto della nuova convivenza.

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