rumori canne fumLa disciplina delle immissioni alla luce della lettura costituzionalmente orientata dell’art. 844 c.c.

A cura del Dott. Michele Masella

Nella moderna società industriale, il progresso tecnologico e scientifico ha determinato la necessità di contemperare le esigenze della produzione con quelle inerenti la tutela della salute, che proprio grazie al progresso si sono scoperte come potenzialmente configgenti (si pensi alla recente questione dell’ ILVA di Taranto). Posto che il diritto non può che seguire l’evoluzione, latamente intesa, si è assistito ad un profondo ripensamento in riferimento alla funzionalità della norma sulle immissioni ex art. 844 c.c. A seguire il tenore letterale della norma, le esigenze da contemperare sono quelle della produzione, che viene privilegiata, con quella legata alla imperturbabilità della proprietà. Ad onta di equivoci, le immissioni sono effetti naturalistici, percepibili o meno, derivanti da una determinata attività svolta su di un fondo e che si propagano, per la loro stessa natura, su altre proprietà ( si pensi al suono oppure alle onde elettromagnetiche). Il legislatore sancisce espressamente il criterio per risolvere il conflitto tra queste opposte esigenze, vale a dire la normale tollerabilità delle immissioni. Al riguardo è pacifica la giurisprudenza di legittimità nel chiarire che in presenza di limiti stabiliti da fonti legislative, l’apprezzamento discrezionale del giudice è fortemente ridotto, dovendo quest’ultimo, sic et simpliciter, accertare il superamento del limite di tollerabilità; è la norma a valutare come intollerabile l’immissione. Negli altri casi dovrà compiere una attenta valutazione circa la situazione ambientale, le abitudini degli abitanti, le caratteristiche della zona. La stessa giurisprudenza della S.C. ha considerato come sempre tollerabili le immissioni reciproche causate da un uso analogo dei fondi e quelle eliminabili con accorgimenti economicamente non dispendiosi. Dunque, la proprietà, e il relativo utilizzo, lungi dall’essere una franchigia sottoposta alla sola “signoria del volere” del legittimo proprietario; viceversa, in un ottica di solidarietà ex art. 2 e 41 comma 2 della Costituzione, rappresenta pur sempre una parte di un più complesso sistema consociale. Tanto sembra essere confermato sia dalla giurisprudenza formatasi in tema di abuso del diritto, sia dallo stesso dettato legislativo in tema di atti emulativi ex art. 833 c.c. Ai sensi dell’art. 844 c.c.,dunque, il proprietario turbato dalle altrui immissioni, che non siano normalmente tollerabili, può chiedere al giudice di emettere un provvedimento di tipo inibitorio volto alla cessazione del comportamento lesivo. Al riguardo, pare che lo strumento processuale  più adatto sia quello previsto dall’art. 700 del c.p.c., stante la natura eminentemente preventiva dell’azione inibitoria. A tal proposito, la giurisprudenza ha chiarito la non necessità di provare la colpa o il dolo dell’immittente avendo l’azione in questione carattere reale ed essendo distinta da quella risarcitoria, come confermato dall’ultimo inciso del comma 2 dell’art. 949 c.c.

Considerata una norma dettata con il precipuo scopo di risolvere i conflitti insorti tra proprietari di fondi, l’art. 844 c.c. assume un diverso valore nell’ottica del principio generale della inviolabilità dei diritti fondamentali della persona; tra questi rientra a pieno titolo il diritto alla salute ex art. 32 della Costituzione.

In un primo momento il tentativo di tutelare la salute compromessa dalla immissioni per il tramite dell’art. 844 c.c. non trovò l’avallo della Corte Costituzionale, ferma nel considerare la norma in questione posta a presidio del bene proprietà e diretta a dirimere i contrasti insorti tra i proprietari di fondi contigui. Nella ricostruzione predisposta dal giudice delle leggi con l’ordinanza del 1998, dunque, la tutela della salute non è conseguibile per il tramite dell’art. 844 c.c. Di converso, alla luce di tale rigida interpretazione, sarà tutelabile alla stregua della norme sul risarcimento del danno extracontrattuale, ex art. 2043 c.c., e sulla reintegrazione in forma specifica, ex art. 2058 c.c., eventualmente tramite il procedimento ex art. 700 c.p.c. E’ il meccanismo del  c.d. doppio binario, in forza del quale la proprietà è tutelabile ex art. 844 c.c., il bene salute tramite le norme consuete prima richiamate. Una simile ricostruzione, sebbene avallata in un primo periodo dagli Ermellini, non fu più sostenibile con l’affermazione della primazia dei diritti inviolabili della persona, tra i quali rientra la tutela della salute. Conseguentemente, quest’ultima deve ricevere la più ampia tutela; di qui l’irragionevolezza del meccanismo del doppio binario, il quale prevede, a tutela della salute, il solo rimedio del risarcimento o della reintegrazione in forma specifica, che per loro natura presuppongono la già avvenuta produzione di un danno. In altre parole, cosi ragionando, si finirebbe per consentire di apprestare un rimedio alla compromissione già consumata della salute anziché prevenire un simile effetto. Parte della dottrina ha sottolineato come l’inibitoria ex art. 844 c.c., proprio alla luce delle considerazioni effettuate,si porrebbe come rimedio necessario per una effettiva tutela ex art. 24 della Costituzione. Con sentenza del 15 Ottobre del 1998 la Suprema Corte, pur accogliendo i principi esposti dalla Consulta, appunta un escamotage per attirare nell’alveo dell’art. 844 c.c. la tutela della salute: non è più necessario che l’immissioni arrechino un pregiudizio al fondo essendo sufficiente che questo sia divenuto, a seguito del fattore immissivo, non più, o meno, fruibile, pregiudicando il diritto del titolare a vivere in un ambiente salubre. In soldoni: è il diritto domenicale in sé a divenire meno fruibile.

Recentemente, la giurisprudenza è pervenute ad affermazione più vigorose circa la necessità di contemperare le esigenze della produzione con quelle relative alla tutela della salute; nelle pronunce della S.C. si rinviene il carattere di limite che assume il diritto a vivere in un ambiente salubre rispetto allo sviluppo industriale e la scelta dello strumento di tutela del proprietario che subisce una siffatta violazione non può che ricadere sulla norma regolatrice delle immissioni ex art. 844 c.c. La norma in questione, dunque, letta in un’ottica costituzionale, ex art. 32 c.c., diventa norma di tutela non più della mera proprietà ma del proprietario. Al riguardo la S.C. ha chiarito che il locatario è legittimato, sia attivamente che passivamente, solo quando si chiede la cessazione delle immissioni e non anche quando si chiede la modifica irreversibile dell’immobile.

Fermo restando l’esperimento dell’inibitoria ex art. 844 c.c., il proprietario turbato dalle immissioni può sempre chiedere il risarcimento del danno, patrimoniale e non. A tal proposito,la giurisprudenza di legittimità ha sempre sostenuto che il risarcimento del danno non patrimoniale fosse possibile solo in presenza di un danno biologico. In effetti, ciò sembra essere coerente con quanto detto in tema di danno alla salute; in presenza di immissioni che non arrechino un danno alla salute la esigenza da tutelare è quella alla produzione. Senonchè, proprio recentemente, la Cassazione è pervenuta a sancire la risarcibilità del danno non patrimoniale anche in presenza di un danno esistenziale, inteso come sconvolgimento della vita familiare e come violazione del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane. Il caso in esame riguardava la questione delle immissioni lesive del diritto al riposo notturno. Una volta affermata la risarcibilità di un danno non biologico ci si deve chiedere se sia parimenti azionabile l’inibitoria di cui all’art. 844 c.c. in casi del genere. La risposta è sicuramente da rinvenire nel criterio della normalità delle immissioni, tenendo presente che a differenza della tutela della salute, che rappresenta interesse superiore, in tali  casi a prevalere saranno le esigenze della produzione. Portando tale ragionamento alle estreme conseguenze, si potrebbe ammettere un risarcimento del danno pur continuando a far esistere la fonte del pregiudizio.

Alla luce di tali considerazioni si deve rilevare una profonda evoluzione della norma in questione che, nata come norma posta a tutela della proprietà fondiaria ed industriale, è divenuta regola posta a presidio della salute e della salubrità dell’ambiente vivibile. In un ottica di tutela dei diritti inviolabile della persona, tale norma può assumere la valenza di vera e propria clausola generale destinata a trovare applicazione ogniqualvolta ad essere contrapposto alle esigenze della produzione vi siano esigenze parimenti importanti che trovano il loro ancoraggio nella carta costituzionale.

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