Corte Costituzionale sentenza 27 giugno 2012 n 167
Neo patentati, guida in stato di ebrezza, illegittimità costituzionale, esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Alfonso QUARANTA Presidente
– Franco GALLO Giudice
– Luigi MAZZELLA ”
– Gaetano SILVESTRI ”
– Sabino CASSESE ”
– Giuseppe TESAURO ”
– Paolo Maria NAPOLITANO ”
– Giuseppe FRIGO ”
– Alessandro CRISCUOLO ”
– Paolo GROSSI ”
– Giorgio LATTANZI ”
– Aldo CAROSI ”
– Marta CARTABIA ”
– Sergio MATTARELLA ”
– Mario Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente sentenza
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 186-bis, comma 6, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 33, comma 2, della legge 29
luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), promossi dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Bolzano con ordinanze del 9 dicembre, del 1° dicembre e
del 9 dicembre 2011, rispettivamente iscritte ai nn. 39, 40 e 41 del registro ordinanze 2012 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno
2012.
Udito nella camera di consiglio del 6 giugno 2012 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.
Ritenuto in fatto
Con tre ordinanze, di analogo tenore, depositate il 1° dicembre 2011 (r.o. n. 40 del 2012) e il 9
dicembre 2011 (r.o. n. 39 e n. 41 del 2012), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Bolzano ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’articolo 186-bis, comma 6, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 33, comma 2, della legge 29
luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), nella parte in cui – nel
prevedere che alle fattispecie di guida sotto l’influenza dell’alcool da parte dei conducenti “a
rischio elevato”, indicati dal comma 1 dello stesso articolo, si applicano le disposizioni di cui ai
commi da 3 a 6, 8 e 9 dell’art. 186 cod. strada – non richiama anche il comma 9-bis del
medesimo art. 186, in forza del quale la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, se
non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità, di cui
all’art. 54 del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di
pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468).
Il giudice a quo è investito di distinti processi penali nei confronti di persone imputate del
reato di guida sotto l’influenza dell’alcool, di cui agli artt. 186 e 186-bis cod. strada, con
l’aggravante di aver commesso il fatto dopo le ore 22 e prima delle ore 7 (art. 186, comma 2-
sexies, cod. strada).
Al riguardo, il rimettente riferisce che gli imputati erano stati fermati, in ora notturna, da
personale di polizia giudiziaria mentre erano alla guida di veicoli e sottoposti ad accertamento
mediante etilometro, dal quale era risultato un tasso alcoolemico superiore a 1,5 grammi per
litro (nel caso di cui all’ordinanza r.o. n. 39 del 2012), ovvero superiore a 0,8 e non superiore a
1,5 grammi per litro (nei casi di cui alle ordinanze r.o. n. 40 e n. 41 del 2012), con conseguente
configurabilità delle ipotesi criminose previste – rispettivamente – dalle lettere c) e b) dell’art.
186, comma 2, cod. strada. Risultava, inoltre, applicabile la speciale disciplina dettata dall’art.
186-bis cod. strada, trattandosi di conducenti di età inferiore a ventuno anni (nei casi di cui
alle ordinanze r.o. n. 39 e n. 40 del 2012) o che avevano conseguito la patente di guida di
categoria B da meno di tre anni (nel caso di cui all’ordinanza r.o. n. 41 del 2012) (art. 186-bis,
comma 1, lettera a).
Stante l’evidenza della prova, era stato emesso nei confronti degli imputati un decreto di
condanna alla pena dell’ammenda (parte della quale sostitutiva dell’arresto), oltre alla
sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. I difensori degli
imputati, muniti di procura speciale, avevano proposto opposizione al decreto, chiedendo che
ai loro assistiti venisse applicata, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, una
pena detentiva e pecuniaria (di varia entità, a seconda dei casi), da sostituire con un corrispondente numero di ore di lavoro di pubblica utilità, in applicazione di quanto stabilito
dal comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada.
Ad avviso del giudice a quo, la richiesta della difesa non potrebbe, allo stato, essere accolta,
non essendo la disciplina di cui al citato art. 186, comma 9-bis, cod. strada applicabile alle
fattispecie oggetto dei giudizi a quibus.
In proposito, il rimettente rileva come l’art. 186-bis cod. strada detti una disciplina speciale
della guida sotto l’influenza dell’alcool – con la previsione di una sanzione amministrativa
anche per l’ipotesi di guida con una percentuale minima di alcool nel sangue (tasso alcoolemico
superiore a zero e non superiore a 0,5 grammi per litro) e la comminatoria di sanzioni più
severe per le altre ipotesi – in relazione a particolari categorie di conducenti, ritenute “a
rischio elevato” (persone di età inferiore a ventuno anni, neo-patentati, persone che esercitano
professionalmente l’attività di trasporto di persone o cose, conducenti di mezzi pesanti o
autobus). Il comma 6 dell’art. 186-bis stabilisce che, anche in relazione a dette categorie di
conducenti, «si applicano le disposizioni di cui ai commi da 3 a 6, 8 e 9 dell’articolo 186»,
concernenti la guida sotto l’influenza dell’alcool del conducente “comune”, senza, tuttavia,
richiamare il comma 9-bis di tale articolo – aggiunto dalla medesima legge n. 120 del 2010 –
che consente di sostituire la pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, di cui
all’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000.
Secondo il giudice a quo, non sarebbe possibile una interpretazione “adeguatrice” della norma,
basata sull’assunto che l’art. 186-bis cod. strada delinei una circostanza aggravante della
fattispecie criminosa prevista dal precedente art. 186: ciò, al fine di desumerne che un
espresso richiamo al comma 9-bis di tale articolo non sarebbe necessario, essendo comunque
applicabile all’ipotesi circostanziale l’intera disciplina valevole per la fattispecie base. Una
simile tesi si porrebbe, infatti, in irrimediabile contrasto con il dettato normativo, giacché, se
tutte le disposizioni dell’art. 186 fossero direttamente applicabili alla fattispecie prevista
dall’art. 186-bis, lo specifico rinvio operato dal comma 6 di quest’ultimo articolo ad alcune
soltanto di esse risulterebbe privo di qualsiasi concreta utilità e, anzi, del tutto illogico.
Il rinvio in questione dimostrerebbe, al contrario, che con il nuovo art. 186-bis cod. strada il
legislatore ha inteso delineare una autonoma fattispecie di reato, escludendo, al tempo stesso,
che possano applicarsi ad essa le disposizioni dell’art. 186 non espressamente richiamate, tra
cui quella del comma 9-bis. Il mancato rinvio a tale comma potrebbe essere considerato, d’altra
parte, espressivo di una consapevole scelta, connessa alla ratio della nuova fattispecie: nel
momento in cui ha deciso di adottare per alcune categorie di conducenti, ritenute
maggiormente “a rischio”, un trattamento più severo della guida sotto l’influenza dell’alcool, il
legislatore avrebbe voluto anche impedire che i soggetti considerati possano fruire di un
«commodus discessus», quale quello offerto dalla sostituzione della pena con il lavoro di
pubblica utilità, il cui positivo svolgimento determina, ai sensi del comma 9-bis dell’art. 186
cod. strada, l’estinzione del reato.
Non sarebbe, per converso, ipotizzabile che l’omesso richiamo di detto comma dipenda da una
mera svista, posto che entrambe le disposizioni (quella del comma 9-bis dell’art. 186 e quella
del comma 6 dell’art. 186-bis cod. strada) sono state introdotte dalla medesima novella
legislativa e che dai lavori parlamentari ad essa relativi non emergerebbe l’intenzione di
estendere alle categorie “speciali” di conducenti il beneficio di cui si discute.
Una ulteriore e conclusiva riprova del carattere autonomo, e non già circostanziale, della
fattispecie prevista dall’art. 186-bis cod. strada sarebbe offerta dal comma 4 di tale articolo,
ove si stabilisce che «Le circostanze attenuanti concorrenti con le aggravanti di cui al comma 3
non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste. Le diminuzioni di pena
si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alla predetta
aggravante». L’avvenuta sottrazione del più severo regime sanzionatorio introdotto dall’art.
186-bis cod. strada all’ordinaria disciplina del bilanciamento tra circostanze eterogenee
dimostrerebbe come il termine «aggravante» sia stato usato dal legislatore «solo quoad
poenam»: anziché indicare in modo diretto le pene si sarebbe preferito, cioè, determinarle «per
relationem», aggravando quelle comminate nei confronti del conducente “comune”.
Caratteristica «essenziale e peculiare» della circostanza del reato, ancorché ad effetto speciale,
sarebbe, infatti, «quella di concorrere con tutte le altre, che qualificano il singolo caso, senza
possibilità di sottrarsi ad una valutazione unitaria».
Ciò premesso, il rimettente reputa, tuttavia, che la norma censurata contrasti, in parte qua,
con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e con la finalità rieducativa della pena (art. 27,
terzo comma, Cost.), riservando ai conducenti “a rischio elevato” che guidino sotto l’influenza
dell’alcool un trattamento irrazionalmente deteriore rispetto a quello previsto per i medesimi
conducenti che guidino in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’uso di sostanze
stupefacenti.
La stessa legge n. 120 del 2010 ha, infatti, introdotto, tramite modifica dell’art. 187 cod.
strada, un inasprimento sanzionatorio della guida in condizioni alterate dall’uso di
stupefacenti, ove ascrivibile ai soggetti maggiormente a rischio di cui al comma 1 dell’art. 186-
bis (art. 187, comma 1, terzo periodo, come novellato). Detta legge ha, peraltro, stabilito che
tutti indistintamente i conducenti responsabili dell’illecito in questione – ivi compresi, dunque,
quelli appartenenti alle suddette categorie – possano ottenere (purché, come nel caso previsto
dal comma 9-bis dell’art. 186, non abbiano provocato un incidente stradale o non abbiano già
in precedenza fruito del beneficio) la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il
lavoro di pubblica utilità, salvo l’onere di sottoporsi – se tossicodipendenti – anche ad un
programma terapeutico e socio-riabilitativo (comma 8-bis dell’art. 187). Tale previsione varrebbe ad attenuare in modo considerevole il rigore sanzionatorio della
fattispecie. Sulla falsariga del comma 9-bis dell’art. 186, anche il comma 8-bis dell’art. 187 cod.
strada stabilisce, infatti, che il corretto svolgimento del lavoro di pubblica utilità comporta non
soltanto l’estinzione del reato, ma anche la riduzione alla metà della sanzione accessoria della
sospensione della patente di guida e la revoca della confisca del veicolo sequestrato (beneficio,
quest’ultimo, spesso assai rilevante sotto il profilo economico). Il regime di conversione
adottato dal legislatore risulterebbe, d’altra parte, tutt’altro che oneroso, essendo previsto che
due ore di lavoro, anche non consecutive, equivalgano ad un giorno di arresto o a 250 euro di
ammenda e che l’imputato possa liberamente scegliere l’ente presso cui svolgere la prestazione
lavorativa.
Sarebbe, al tempo stesso, incontestabile che la fattispecie prevista dall’art. 186-bis cod. strada
sia «omologa», sotto il profilo del disvalore, a quella delineata dal terzo periodo dell’art. 187,
comma 1, posto che tale ultima disposizione, da un lato, si indirizza alle stesse categorie di
conducenti “a rischio elevato” e, dall’altro, prevede il medesimo inasprimento del regime
sanzionatorio, principale e accessorio, sottraendolo parimenti alla disciplina del bilanciamento
con le circostanze attenuanti.
Alla luce dello stesso dato normativo, dovrebbe, dunque, escludersi che la fattispecie prevista
dall’art. 186-bis cod. strada possa ritenersi più grave di quella assunta come tertium
comparationis, posto che, a parità di qualità soggettive dell’autore del fatto (conducenti
inesperti o trasportatori esposti ad estenuanti turni di guida) o di qualità oggettive del veicolo
(conducenti di mezzi pesanti o di autobus), nonché di condotta (guida in condizioni psico-
fisiche alterate), l’unico tratto differenziale fra le due ipotesi sarebbe rappresentato dal mezzo
attraverso il quale si è prodotta tale alterazione: il consumo di alcolici, in un caso, l’assunzione
di sostanze stupefacenti o psicotrope, nell’altro.
A ben guardare, anzi, sarebbe semmai la guida sotto l’effetto di stupefacenti ad apparire
maggiormente riprovevole, sia per la maggiore facilità con la quale il consumo di tali sostanze
può generare dipendenza e, dunque, un più accentuato rischio di reiterazione del reato; sia
perché la detenzione di dette sostanze, a differenza di quella degli alcolici, è penalmente
sanzionata dall’ordinamento, ove non finalizzata ad un uso meramente personale.
Considerato in diritto
1.– Con tre distinte ordinanze, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano
dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 186-bis, comma 6, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’articolo 33, comma 2, della legge
29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), nella parte in cui –
omettendo di richiamare il comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada – non consentirebbe di
sostituire la pena applicabile per il reato di guida sotto l’influenza dell’alcool da parte dei
conducenti “a rischio elevato” indicati nel comma 1 dello stesso art. 186-bis (infraventunenni,
neo-patentati, autotrasportatori e conducenti di mezzi pesanti o di autobus) con il lavoro di
pubblica utilità, di cui all’art. 54 del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999,
n. 468).
Ad avviso del giudice a quo, la norma censurata violerebbe, per tale verso, i principi di
eguaglianza e della finalità rieducativa della pena (artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.),
riservando alla fattispecie criminosa considerata un trattamento irragionevolmente deteriore
rispetto a quello applicabile all’ipotesi – del tutto omologa (e da reputare, anzi,
intrinsecamente più riprovevole) – della guida in stato di alterazione psico-fisica conseguente
all’uso di sostanze stupefacenti da parte dei medesimi soggetti “a rischio” (art. 187, comma 1,
terzo periodo, cod. strada). In base al comma 8-bis del citato art. 187, gli autori del reato ora
indicato sono, infatti, indistintamente ammessi ad ottenere la sostituzione della pena con il
lavoro di pubblica utilità e, conseguentemente, a godere dei rilevanti vantaggi ricollegati al
positivo svolgimento di tale lavoro (estinzione del reato, riduzione alla metà della sanzione
accessoria della sospensione della patente di guida e revoca della confisca del veicolo
sequestrato).
2.– Le ordinanze di rimessione sollevano una identica questione, sicché i relativi giudizi vanno
riuniti per essere definiti con unica decisione.
3.– La questione non è fondata.
Il dubbio di legittimità costituzionale prospettato dal giudice a quo poggia – dichiaratamente –
su un preciso presupposto interpretativo: e, cioè, che il comma 3 dell’art. 186-bis cod. strada –
per la parte in cui, richiamando le lettere b) e c) dell’art. 186, comma 2, cod. strada, commina
sanzioni penali nei confronti dei conducenti “a rischio elevato” che guidino sotto l’influenza
dell’alcool – delinei una fattispecie autonoma di reato, e non già una circostanza aggravante
della figura “generica” di guida sotto l’influenza dell’alcool descritta dal medesimo art. 186.
Questo particolare impedirebbe di ritenere applicabili alla figura “specifica” le disposizioni
dettate dall’art. 186 in rapporto alla figura “generica”, che non rientrino tra quelle
espressamente richiamate dal censurato comma 6 dell’art. 186-bis: tra cui, segnatamente,
quella del comma 9-bis, in tema di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità.
Detto presupposto appare, tuttavia erroneo, risultando contrastato da un complesso di
argomenti di ordine letterale, logico e sistematico.
4.– Anzitutto, l’esegesi assunta dal giudice a quo è apertamente contraria alla lettera della
legge. La formula utilizzata dal legislatore nel comma 3 dell’art. 186-bis cod. strada corrisponde, con
ogni evidenza a quella che ordinariamente definisce le circostanze aggravanti: manca, infatti,
totalmente la descrizione del fatto e le pene sono determinate con la tipica espressione «sono
aumentate» («Per i conducenti di cui al comma 1 del presente articolo, […] ove incorrano negli
illeciti di cui all’articolo 186, comma 2, lettere b e c, le sanzioni ivi previste sono aumentate da
un terzo alla metà»).
Nel comma 4 dell’art. 186-bis, d’altra parte, le previsioni del comma 3 sono espressamente
qualificate come circostanze aggravanti, al fine di sottoporle ad un regime speciale e
derogatorio rispetto a quello ordinario del bilanciamento tra circostanze eterogenee, delineato
dall’art. 69 del codice penale («Le circostanze attenuanti concorrenti con le aggravanti di cui al
comma 3 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto ad esse. Le diminuzioni
di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alla
predetta aggravante»).
Al riguardo, il rimettente sostiene che proprio la sottrazione all’ordinaria disciplina del
bilanciamento dimostrerebbe che – a prescindere dalla qualificazione legislativa “formale” – si
sarebbe di fronte ad una fattispecie autonoma di reato: ciò, in quanto «caratteristica essenziale
e peculiare della circostanza del reato, ancorché ad effetto speciale […], è […] quella di
concorrere con tutte le altre che qualificano il singolo caso senza possibilità di sottrarsi ad una
valutazione unitaria».
Tale assunto appare senz’altro fallace. Il regime speciale in questione non è affatto un unicum:
al contrario, vi è un lungo elenco di casi nei quali – per evitare la neutralizzazione degli
aumenti di pena tramite il giudizio di prevalenza o di equivalenza delle attenuanti – il
legislatore ha sottoposto determinate circostanze aggravanti (pacificamente tali) a una
disciplina identica o analoga a quella prevista dal comma 4 dell’art. 186-bis cod. strada (basti
ricordare, a titolo di esempio, nell’ambito del codice penale, le previsioni di cui agli artt. 280,
quinto comma, 280-bis, quinto comma, e 600-sexies, sesto comma; e, fuori del codice, quelle di
cui all’art. 1, terzo comma, del d.l. 15 dicembre 1979, n. 625, recante «Misure urgenti per la
tutela dell’ordine democratico e della sicurezza pubblica», convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 febbraio 1980, n. 15; all’art. 291-ter, comma 3, del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43,
recante «Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale»; e
all’art. 12, comma 3-quater, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, recante il «Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero»).
Una disposizione corrispondente a quella del comma 4 dell’art. 186-bis cod. strada è, d’altra
parte, contenuta nel comma 2-septies dell’art. 186 del medesimo codice (aggiunto dall’art. 3,
comma 55, lettera a, della legge 15 luglio 2009, n. 94, recante «Disposizioni in materia di
sicurezza pubblica»), con riferimento alla circostanza aggravante del reato di guida sotto
l’influenza dell’alcool prevista dal comma 2-sexies dello stesso art. 186 (commissione del fatto
dopo le ore 22 e prima delle ore 7): circostanza contestata agli imputati nei giudizi a quibus.
5.– Il presupposto ermeneutico posto a fondamento del quesito di costituzionalità appare,
inoltre, contrario a canoni di interpretazione logica e sistematica.
Se fosse vero quanto il rimettente sostiene, rimarrebbero inapplicabili al reato di guida sotto
l’influenza dell’alcool dei conducenti maggiormente “a rischio” – in quanto non specificamente
richiamate dall’art. 186-bis cod. strada – non soltanto la disposizione del comma 9-bis dell’art.
186 (con la discrasia che forma oggetto di censura, rispetto alla corrispondente fattispecie di
guida in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’uso di sostanze stupefacenti
commessa dai medesimi soggetti), ma anche quelle dei commi da 2-ter a 2-octies dello stesso
art. 186.
I risultati sarebbero, peraltro, irrazionali e sistematicamente incoerenti. Prescindendo pure
dalle disposizioni sulla competenza del tribunale in composizione monocratica (comma 2-ter) e
sulle modalità di esecuzione del sequestro del veicolo (comma 2-quinquies), resterebbero
infatti inoperanti le disposizioni che prevedono che le sanzioni accessorie si applichino anche
nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti (comma 2-quater), nonché quelle che
prevedono e disciplinano la ricordata circostanza aggravante ad effetto speciale del fatto
commesso in ora notturna (commi 2-sexies, 2-septies e 2-octies).
Sarebbe, peraltro, illogico che le disposizioni da ultimo indicate – volte ad irrobustire il regime
sanzionatorio del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool del conducente “comune” – restino
inapplicabili allorché si discuta della guida sotto l’influenza dell’alcool da parte di soggetti
maggiormente “a rischio”, rispetto ai quali il legislatore, con il nuovo art. 186-bis cod. strada,
ha inteso specificamente irrigidire la risposta punitiva, in considerazione della maggiore
pericolosità del fatto.
6.– La tesi del giudice a quo appare contraddetta anche dal disposto del comma 3-quater
dell’art. 219 cod. strada (aggiunto anch’esso dalla legge n. 120 del 2010), in tema di revoca
della patente di guida.
La formulazione della disposizione ora citata è, infatti, tale da rendere palese che, nell’idea del
legislatore, la norma incriminatrice della guida sotto l’influenza dell’alcool, anche quanto ai
conducenti “a rischio elevato”, è quella dell’art. 186, comma 2, cod. strada, e non già quella
dell’art. 186-bis, comma 3 («La revoca della patente di guida ad uno dei conducenti di cui
all’art. 186-bis, comma 1, lettere b, c e d, che consegue all’accertamento di uno dei reati di cui
agli artt. 186, comma 2, lettere b e c, e 187, costituisce giusta causa di licenziamento ai sensi
dell’articolo 2119 del codice civile»). Pare evidente, in effetti, che se l’art. 186-bis, comma 3,
cod. strada prevedesse realmente fattispecie autonome di reato, e non già circostanze aggravanti, il legislatore avrebbe dovuto fare riferimento ai reati previsti da tale norma,
anziché a quelli previsti dall’articolo precedente.
Né giova opporre che nel comma 3-ter dello stesso art. 219 cod. strada viene richiamato, a
fianco degli artt. 186 e 187, anche l’art. 186-bis («Quando la revoca della patente è disposta a
seguito delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187, non è possibile conseguire una
nuova patente di guida prima di tre anni decorrenti dalla data di accertamento del reato»). Il
richiamo all’art. 186-bis si giustifica con l’esigenza di comprendere anche l’illecito
amministrativo di cui al comma 2 di tale articolo, che, punendo la guida da parte dei
conducenti “a rischio elevato” con un tasso alcoolemico pari o inferiore alla soglia minima di
0,5 grammi per litro, rappresenta – esso sì – una fattispecie autonoma, priva di riscontro
nell’art. 186 in rapporto ai conducenti “comuni”.
7.– Contrariamente a quanto mostra di ritenere il rimettente – che fa di tale argomento il
punto di forza della sua prospettazione – le considerazioni dianzi svolte non risultano inficiate
dalla disposizione del comma 6 dell’art. 186-bis cod. strada, oggetto di censura, e, in
particolare, dal fatto che tale disposizione richiami espressamente, in rapporto alla guida sotto
l’influenza dell’alcool dei conducenti “a rischio elevato”, solo alcuni dei commi dell’art. 186
(precisamente, i commi da 3 a 6, 8 e 9).
La disposizione censurata reca, infatti, la disciplina dell’accertamento del tasso alcoolemico.
Riguardo ad essa, l’esigenza di uno specifico richiamo alle disposizioni dell’articolo precedente
appare giustificabile con la preoccupazione di non lasciare “scoperto”, su detto versante,
l’autonomo illecito amministrativo che – come già ricordato – è previsto in rapporto ai
conducenti “a rischio elevato” dal comma 2 dell’art. 186-bis. Dunque, dalla norma denunciata
non può trarsi – come pretende il rimettente – un argumentum a contrario, alla cui stregua il
legislatore avrebbe voluto escludere l’applicabilità alla fattispecie criminosa considerata di
tutte le disposizioni dell’art. 186 cod. strada non espressamente richiamate (ciò è vero
unicamente in rapporto al comma 7, che prevede le sanzioni per il rifiuto di sottoporsi
all’accertamento del tasso alcoolemico, giacché il comma 6 dell’art. 186-bis contiene una
disciplina specifica al riguardo).
8.– Alla luce di quanto precede, si deve quindi concludere che il vulnus costituzionale
denunciato dal rimettente non sussiste, per la dirimente ragione che – una volta qualificate
correttamente come circostanze aggravanti le ipotesi di guida sotto l’influsso dell’alcool dei
conducenti “a rischio elevato”, delineate dal comma 3 dell’art. 186-bis in riferimento all’art.
186, comma 2, lettere b) e c), cod. strada – esse restano, di per sé, soggette alla disciplina
valevole per la fattispecie base (quella dell’art. 186), anche per quanto attiene alla possibile
sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità ed ai benefici
connessi allo svolgimento positivo di tale lavoro (comma 9-bis). La questione va dichiarata, pertanto, non fondata, in quanto basata su un erroneo presupposto
interpretativo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 186-bis, comma 6,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 33,
comma 2, della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale),
sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Bolzano con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno
2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giuseppe FRIGO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2012.