CASSAZIONE PENALE
Cass. pen., Sez. V, ud. 10 ottobre 2012 – dep. 8 gennaio 2013, n. 769
BANCAROTTA E REATI NEL FALLIMENTO
La condotta delittuosa che si sostanzi in un fatto di bancarotta prefallimentare, consistente nella distruzione o nella sottrazione delle scritture contabili obbligatorie, finalizzata ad impedire l’apprensione delle stesse da parte degli organi fallimentari, integra non il delitto di bancarotta semplice documentale di cui all’art. 217, comma secondo, L.F. , ma la più grave ipotesi criminosa di bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma primo, n. 2, L.F., quale reato di pura condotta, per la cui realizzazione non è richiesto il verificarsi dell’evento della concreta impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento degli affari dell’impresa dichiarata fallita.
Il mancato deposito, da parte dell’imprenditore dichiarato fallito, delle scritture contabili obbligatorie per legge, ed il mancato rinvenimento delle stesse, determinanti la impossibilità, per gli organi fallimentari, di ricostruire la situazione patrimoniale ed il movimento di affari dell’impresa, pur non assumendo rilievo ai fini della integrazione dell’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta, assume valore pregnante per dimostrare la esistenza del dolo specifico, ovvero della volontà di arrecare un pregiudizio ai creditori in previsione del possibile fallimento (nella specie, altresì, emergente dal concomitante elemento della incompleta documentazione messa a disposizione degli organi del fallimento, rappresentata dal registro vendite e dal registro acquisti). |
Cass. pen., Sez. V, ud. 26 settembre 2012 – dep. 8 gennaio 2013, n. 745
INGIURIA E DIFFAMAZIONE
Non costituisce condotta idonea ad integrare la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 595 c.p. per esercizio antigiuridico del diritto/dovere di informazione, quella del giornalista che non abbia illecitamente violato la verità, negando e disconoscendo l’evoluzione culturale e politica della persona offesa, rispetto alla passata adesione ad uno schieramento caratterizzato da innegabili modalità di esternazione, diffusione e promozione della concezione della dialettica politica, qualora l’imputato, sia pure con espressioni non attualmente gratificanti per il destinatario (specificamente definendolo “ex picchiatore fascista”), ma pienamente correlate e proporzionate al tema ed al livello della polemica, abbia rievocato reali vicende passate, collocando il querelante all’interno di uno schieramento che non ha mai rinnegato l’evocato tipo di dialettica della violenza, avente precise radici storiche. |
Cass. pen., Sez. I, ud. 5 dicembre 2012 – dep. 4 gennaio 2013, n. 134
IMPOSTE E TASSE IN GENERE – SICUREZZA PUBBLICA
Contestato il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, l’accertamento della sproporzione del valore dei beni sequestrati e confiscati rispetto ai redditi dichiarati ed all’attività svolta dall’agente, o della provenienza da condotte illecite, necessario ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 2 ter e 3 della L. n. 575 del 1965, può essere legittimamente compiuto sulla base della ricostruzione della somma di denaro rinvenuta nella disponibilità dell’agente e dell’affermata natura di profitto del reato predetto, nonché delle informazioni ottenute da taluni fruitori dei documenti fiscali e dell’accertata corrispondenza all’importo dell’i.v.a. dovuta all’Erario per gli importi fatturati riscossi dagli operatori economici destinatari delle fatture stesse.
In ipotesi di contestazione della condotta criminosa di utilizzazione, da parte dell’agente, della propria impresa societaria prevalentemente quale cartiera, per la emissione di fatture per operazioni inesistenti, utilizzate poi da altri imprenditori per simulare costi in realtà mai sostenuti, e dunque quale attività dalla quale ricavare ingenti profitti mediante il meccanismo della retrocessione in denaro contante di quanto dovuto all’Erario a titolo di i.v.a. sugli importi fatturati, il requisito dell’attualità della pericolosità sociale, necessario ai fini dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., non viene meno né con la chiusura dell’esercizio commerciale, né con la collaborazione nell’attività di indagine. Il protrarsi pervicace, organizzato e sistematico dell’attività illecita, invero, unitamente alla consistenza attuale di un patrimonio mobiliare frutto della stessa, costituente fonte di sostentamento dell’indagato, costituisce espressione di quella abitualità che connota la pericolosità sociale ex art. 1, L. n. 1423 del 1956. |
Cass. pen., Sez. IV, ud. 23 ottobre 2012 – dep. 21 dicembre 2012, n. 49815
INFORTUNI SUL LAVORO
Nell’ambito delle malattie determinate dall’esposizione all’amianto le vittime sono colpite da affezioni determinate dalla contaminazione con la sostanza e la condotta attribuibile ai responsabili dell’azienda è attiva, in quanto l’esposizione all’agente lesivo, in modo improprio, è frutto di una determinazione di tipo organizzativo, avente un rilievo condizionante, poiché se il lavoratore non fosse stato addetto a quella particolare lavorazione l’evento non si sarebbe verificato. Al fine di ritenere la sussistenza del nesso causale è, dunque, necessario, innanzitutto, dimostrare che la patologia sia stata determinata dall’esposizione alla sostanza nociva. (Nella fattispecie la Corte di Legittimità annulla con rinvio la gravata pronuncia per carenza di motivazione sulla sussistenza o meno in concreto della esposizione all’amianto del lavoratore, quale prima necessaria condizione affinché possa essere attribuita alla parte datoriale la responsabilità del verificatosi evento morte del prestatore.) |
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