La L. n. 194/1978 e l’autorizzazione del giudice tutelare
a decidere l’interruzione volontaria della gravidanza della minore
di Aurora Di Mattea
Con ordinanza del 3 gennaio 2012 il Giudice Tutelare del Tribunale di Spoleto, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 1978/194 nella parte in cui consente alla donna di procedere, in presenza delle condizioni ivi stabilite, di procedere volontariamente all’interruzione della gravidanza entro i primi novanta giorni dal concepimento, per contrasto con gli artt. 2,32, 1° comma, 11, e 117 1° comma Cost.
Su richiesta del Consultorio Familiare, veniva instaurato dinanzi al Giudice Tutelare il procedimento ex art. 12 della legge 1978/194, finalizzato all’ottenimento dell’autorizzazione a decidere l’interruzione volontaria della gravidanza della minore, ammesso in tutti i casi in cui l’assenso degli esercenti la potestà genitoriale non sia o non possa essere espresso.
Il giudice remittente, ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo in esame, anche in virtù della direttiva europea 98/44/CE, art. 6, che riconosce l’embrione umano, quale soggetto di primario valore assoluto, fin dalla fecondazione, ha sollevato un contrasto tra l’art. 4 della legge 1978/194 e gli articoli, 2, 32 comma 1, 11 e 117 della Costituzione. In particolare, in ossequio al principio di primazia del diritto comunitario sul diritto interno, la nozione di embrione umano, come elaborata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella decisione del 8 ottobre 2011, deve trovare piena cittadinanza nel nostro ordinamento, sebbene oggetto di intervento della Corte Europea sia costituito dalla direttiva in materia di biotecnologie.
Viene ribadito che nel rispetto della vita anche nella sua forma embrionale, deve essere tutelato l’uomo sin dalla fecondazione.
Che la volontaria interruzione della gravidanza genererebbe un vulnus al diritto alla salute, riconosciuto a chiunque possiede una identità giuridicamente rilevante, e quindi anche all’embrione.
Che in ragione dell’osservanza del diritto comunitario, va tutelato l’embrione umano, quale soggetto dotato di autonoma soggettività giuridica.
È intervenuta l’Avvocatura di Stato, che ha concluso per la manifesta inammissibilità della questione, sottolineando l’applicazione nel caso de quo non del principio di primazia del diritto europeo, quanto la teoria dei contro limiti, che sancisce la ritrazione del diritto europeo a fronte dei principi fondamentali dell’ordinamento interno.
La Corte Costituzionale, ritenuto che il Giudice Tutelare è chiamato esclusivamente a valutare che la minore sia in condizioni di libertà morale per decidere, dichiara manifestamente inammissibile la questione.